Politica

La Politica è come il futuro: il futuro è sempre il domani, che diventando oggi, non è più futuro

Che strano titolo a questa mia breve riflessione. Una trovata  giusto per passare un po’ del mio tempo libero in compagnia di qualche intrallazzo mentale, direte voi. Invece no. Forse mai come oggi il tempo ha fatto rima con la politica. Una rima purtroppo cacofonica,  che non irrita l’udito ma la coesistenza di milioni di persone, condizionandone lo stile di vita, peraltro già deteriorato da una vertiginosa caduta del valore fondamentale, quello “Culturale”.

Il tempo non rappresenta solo uno spazio tra due o più date, o quel lasso temporale dalla nostra data di nascita ad oggi, che inesorabilmente, senza mai prendersi una pausa, corre verso il futuro, strafregandosene alla grande di ciò che accade nel presente. Anche qui potremmo innestare un concetto banale ma ahimè vero, cioè che del presente a quanto pare, politicamente parlando, non frega niente del futuro. Mentre il futuro, che è sempre davanti a noi, altro non fa che  ridere di noi, che,  vivendo il presente, non si senta minimamente interessato alle nostre beghe, tanto lui, il futuro, il presente non lo vivrà mai. Per lui, il futuro è sempre il domani, il domani divenuto oggi, non è più futuro, pertanto lui si sposta agilmente in avanti nel tempo, come fa oggi la politica che rimanda al domani la soluzione dei bisogni primari della gente,  che nel contempo invecchia in attesa di quel futuro che sostanzialmente non vedranno mai.

Non è un paradosso, o un giuoco di parole, è il contesto politico di una società senza ideali,  dove le vecchie dottrine politiche (ricordo quel vecchio ma interessantissimo esame all’università: Storia delle Dottrine Politiche) sono state sostituite da alchimie finanziarie dove PIL, SPREAD, BOND ecc. ecc. rappresentano il nuovo vangelo. 

Certo che l’evolversi etico della nostra politica, nell’ambito di due parentesi temporali rappresentate dagli ultimi 15 anni,  evidenzia un’ulteriore caduta o forse sarebbe meglio dire la fine delle varie ideologie politiche,  che nel corso di questi ultimi due secoli hanno rappresentato, nel bene e nel male,  l’evoluzione sociale ed economica della nostra società. Dottrine a confronto e spesso in guerra tra loro. Dottrine abbracciate e frequentemente spacciate come tali ma applicate in termini esattamente opposti, dove gli ignoranti o i salta fossi, hanno poi spacciato quest’ultime applicazioni quali quelle originarie, addivenendo, con veemente disprezzo delle più elementari basi dell’etica, a sostenere che alcune di essere, tra i loro ideali avevano anche quello di mangiarsi i bambini.  Voi ridete, solo che non c’è bisogno di andare in dietro nei secoli per trovare simili affermazioni, frutto di quell’idiozia politica, posta in essere non più al servizio dell’uomo, per il popolo,  ma per miserabili fini personali.  Il tempo in tutto ciò ha continuato la sua corsa, indifferente e forse sarebbe meglio dire strafottente, come se tutto ciò che succede al presente, a lui non gliene frega un fico secco.

A quanto pare la politica, frutto  del pensiero umano, è riuscita a capire subito, a dispetto dello stesso uomo che l’ha creata, che la migliore soluzione ai problemi sia quella di rimandare a domani quello che si potrebbe fare oggi.  D’altronde se così non  fosse non ci ritroveremmo con decenni di arretrato sociale, dove tanti nuovi istituti democratici, quali la solidarietà, l’equa distribuzione della ricchezza, non solo nell’ambito dei propri confini nazionali, il rispetto per la flora e la fauna, il superamento delle diversità di qualsiasi genere e tipo, sono stati riportati ai livelli di indifferenza e disinteresse collettivo, dove a sovraintendere al loro sviluppo ci hanno messo l’egoismo e l’individualismo avido.

Egoismo e avidità, spacciate e contrabbandate (illegalmente) come un danno alla società moderna in quanto turbative di un pseudo equilibrio economico e sociale, motivo per cui la mobilità di milioni di persone per necessità umanitarie, preoccupa non tanto per le condizioni disumane che alcuni popoli della terra stanno vivendo, ma per le ripercussioni che questo fenomeno migratorio di massa possa generare alle economie occidentali.  Sono state ipotizzate politiche d’intervento di tutti i tipi, qualcuno ha anche ipotizzato un sistema,  onestamente devo dire molto semplice e sbrigativo, cioè quello di prendere questi clandestini  a cannonate non appena s’avvicinano alle nostre frontiere.  Oggi per fortuna è stata adottata un’altra scelta, molto più democratica e rispettosa dei diritti dell’uomo, quella di ritenere  reato la clandestinità, non ti sparo, ma ti do un calcio nel culo e ti rispedisco da dove cavolo sei venuto. Un risultato di grande espressione di civiltà e di cristianità. Per fortuna che in Europa ci siamo noi italiani e che per altrettanta fortuna abbiamo il Vaticano proprio in mezzo, nell’Italia centrale, come se volesse vigilare sul comportamento umano e solidale del popolo italiano.

Questa è la politica, una politica che guarda al domani, come il tempo, senza mai rendersi conto o preoccuparsi del perché oggi stanno succedendo dei fatti, frutto esclusivo della miopia, imbecillità e dolo di ieri. Oggi si decide di risolvere il problema domani, possibilmente partendo da dopodomani, perché lo scarso livello culturale ed etico di chi oggi rappresenta la politica, non ha più la capacità professionale e le mani pulite che gli consentano di decidere, oggi, su come risolvere il problema odierno,  che peraltro è il frutto di errori commessi non ieri, ma già vari decenni fa.

Oggi la politica pare abbia dimostrato saper fare buon uso del suo tempo a disposizione, preferendo declassare i problemi, come le vecchie carrozze ferroviarie, sostituendo i vecchi con i nuovi, spacciandoli per risolti.  Tanto alla gente, già culturalmente precarizzata, troverà bello poter viaggiare in una prima classe declassata, pagando un biglietto di seconda. Poi agli amici e parenti dirà di aver viaggiato un prima in classe, sentendosi così un signore, anche se poi amaramente s’accorge di avere le pezze al sedere,  provando così una forte tristezza e una avvilente mortificazione,  ricordandosi che quelle sue pezze  le avevano tutti, o quasi,  i nostri nonni e bisnonni,  molti, molti decenni fa. Ecco che ad un tratto,  spostando  lo sguardo a secondo della direzione del tempo, ci si accorge che il presente non è altro che il passato remoto e che il futuro, che sino a ieri rappresentava la speranza,  oggi  è solo agonia.         

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