Economia,  Politica

Lo “Spread” cresce: vi spiego perché è colpa di Renzi

renzi-delusione1Da alcuni giorni il comparto finanziario italiano è entrato in fibrillazione. La Borsa di Milano arranca. I dati economici scodellati dall’ISTAT evidenziano da tempo una stagnazione. Il ventilato +0,3% del PIL nel terzo trimestre di quest’anno cozza con il -0,2% dei prezzi al consumo. Sul fronte disoccupazione consentitemi di poter esprimere la mia amarezza nel non poter valutare esattamente il suo indice, in quanto frutto di alchimie incomprensibili, elemento anche questo che evidenzia che anche in questo comparto le cose non stanno andando bene.

Quello che oggi preoccupa di più è la performance dei tassi sul debito pubblico, ovvero gli interessi che dobbiamo pagare sui 2250 miliardi, che andranno ad incidere pesantemente sulle prospettive di crescita reale del Paese. L’aumento dei tassi debitori, rappresentato dallo “Spread” con i bond tedeschi è salito di circa 80 punti. Una performance esclusivamente italiana, essendo la Spagna, a cui spesso ci riferiamo in termini di paragone economico, rimasta ferma sui 110 punti, pur non avendo avuto per oltre un anno un governo, segnando peraltro, una crescita del suo PIL del 2,2%.

Sarà ovviamente necessario adesso capire il perché di questa iniziale turbolenza finanziaria, che sicuramente ci accompagnerà sino al giorno del referendum costituzione del 4 dicembre.
Le opinioni in merito si sprecano, molte delle quali frutto di una propaganda pre elettorale, visto i contenuti che definirli stupidi è quasi fare loro un complimento. Soprattutto parrebbe esser ritornata di moda l’affermazione “dopo di noi il diluvio” attribuita alla famosa Madame de Pompadur con la quale intendeva sollevare il morale di Luigi XV, re di Francia, dopo la sconfitta di Rossbach del 5 novembre del 1757.

E’ proprio il contenuto di questa storica affermazione, troppo usata dai mass media che, evidenziando la mancanza di leader antagonisti a Renzi, turbano l’armonia festosa e redditizia dei mercati finanziari, che intravedono, in caso di vittoria del NO un periodo di turbolenza politica. Una sensazione questa che ha intaccato, in parte la fiducia degli investitori esteri, grazie proprio alle dichiarazioni ed agli atteggiamenti controversi del nostro premier, che da tempo sta assumendo nell’ambito della campagna elettorale che lo vede impegnato in prima linea, lui ed il suo governo, trascurando peraltro la cosiddetta amministrazione ordinaria, che vede lievitare giorno dopo giorno, il già elefantiaco debito pubblico. Molti purtroppo credono in quanto anzidetto, forse l’unico elemento su cui oggi il fronte del SI può contare un discreto numero di seguaci, visto che la riforma costituzionale proposta è veramente pessima, sulla cui discussione il paese è fermo da oltre un anno e che a onor del vero, non è quello di cui oggi si ha bisogno.

Il problema ahinoi non è il dopo Renzi qualora vincesse il NO, è Renzi stesso, che sta dando dimostrazione d’immaturità politica, non a noi italiani, ma al mondo delle lobbie, quelle che da un giorno all’altro possono buttarti giù nel giro di pochi giorni, scatenandoti addosso una tempesta finanziaria (vedi Berlusconi novembre 2011) e soprattutto mettendo in risalto, laddove ce ne fosse ancora bisogno, della scarsa levatura professionale e politica della sua compagine governativa.

Il crescente debito pubblico è ovviamente alla base di tutti i nostri problemi ed è proprio per questo che il mondo politico e finanziario inizia a prendere le distanze, ma non dall’esito referendario, ma da un sistema governativo capeggiato da Renzi, non in condizioni di poter assolvere al meglio alla necessaria tutela e tenuta dei conti pubblici, visto che le decine di miliardi sprecati per il Job Act, per gli 80 euro di cui i meno abbienti non hanno avuto nulla, e tutta la miriade di elargizioni sotto forma di oboli elettorali, non ha rimesso in moto l’economia del paese. Si litiga e si discute su un 0,1% in più o in meno, facendo festa e stappando bottiglie di spumante italiano (spero) se trattasi di uno 0,1% in più.

L’Unione Europea, la Banca Centrale Europea e le cancellerie hanno oramai capito che se prima Renzi era il soggetto giusto da poter utilizzare per ottenere facili concessioni in cambio di sostegno mediatico, adesso è diventato il soggetto da tenere sotto stretta osservazione, non tanto perché sta alzando la voce sui tavoli dell’UE, fatto questo di pessimo gusto, trattandosi solo della sua solita moina per accattivarsi quella parte di elettorato concettualmente contro l’Europa, quanto per l’incapacità manifesta di governare. Basti pensare che in due anni del suo governo il debito pubblico si è incrementato di quasi 100 miliardi senza che ciò abbia prodotto alcun segnale di controtendenza economica. 
L’Italia è l’unico paese in Europa che non riesce a crescere.
Passato dalla sesta alla dodicesima potenza economica del pianeta, non riesce più a togliere il freno a mano, fortemente voluto e sostenuto da un sistema estremamente corrotto e a volte colluso con le organizzazioni criminali. Il Premier che si è insediato con il preciso scopo di rottamare corruzione, clientelismo, 
concussione, peculato, falso in bilancio e ridare ossigeno ad una economia asfittica, dopo due anni mi pare sia poco apprezzato dalla maggioranza della popolazione. Un soggetto politico che da potenziale risolutore dei mali del paese, oggi si è rivelato il problema del paese.

Purtroppo i mercati finanziari lo hanno capito probabilmente prima di noi e meglio di noi e chi sa che non siano essi stessi che sotto sotto vorrebbero che ritornasse a fare l’usciere in qualche comune d’Italia. Un apprezzamento quest’ultimo da parte mia, che non vuol essere un’offesa a colui che oggi è il capo del governo del mio paese, ma una mia personale valutazione sul suo operato, che ha deluso e per certi versi anche irritato, comportandosi politicamente in termini inadeguati e soprattutto contrari alla sua inziale propensione al risanamento etico.

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