Il 17 marzo è oramai passato da un po’ di giorni ed il 150° anniversario dell’Unità d’Italia inizia ad entrare nei file della nostra memoria. Quello che più di tutto mi ha colpito è stata l’ostentazione del tricolore. Ho l’impressione che l’Unità d’Italia passi più per la fede calcistica che per quella patriottica. In occasione del 17 marzo il tricolore si è visto sventolare un po’ di qua e un po’ di là, senza una vera convinzione. Se avessimo invece disputato una partita per il raggiungimento della coppa del mondo di calcio, avremmo fatto indossare il tricolore anche ai nostri cani. Che strano popolo quello italiano. C’è chi adora la propria bandiera e chi invece ne farebbe buon uso in bagno. Chi si identifica nei valori nazionali, chi invece addirittura vuole proporre una crociata secessionista.
Chi rispolvera gli eroi del risorgimento e chi invece pensa che Giuseppe Garibaldi avrebbe fatto meglio a farsi una crociera sul Nilo. Chi crede negli ideali di virtù e lavoro e chi invece nella raccomandazione e del clientelismo ne ha fatto il proprio stile di vita. Chi cerca da anni un lavoro e non lo trova e chi ritiene invece che quelli che continuano questa ricerca altro non sono che bamboccioni. Chi pensa che la giustizia sia solo una persecuzione e chi invece non avendo i mezzi per difendersi nella giustizia è in galera per qualche pacchetto di biscotti trafugato, per fame, in un supermercato. Chi crede in una scuola educativa, libera, accessibile a tutti e soprattutto formativa, e chi invece pensa che la qualità formativa sia solo quella a pagamento. E cosa dire di chi ritiene di fare opere di bene donando decine di migliaia di euro a povere ragazzine abbandonate, solo perché dalla loro parte vi è l’avvenenza, e chi invece non riesce a capire quanta generosità e bontà esiste in coloro che donano disinteressatamente a questa ragazze la possibilità di farsi un futuro. Chi con caparbietà, onestà, applicazione crede nella professionalità frutto di sacrifici e studi, e chi invece in barba ai tanti sceglie la strada più breve per occupare ruoli a volte vitali per il futuro del nostro paese.
Vedete questa è la nostra Italia, dove le contraddizioni sono forti, ed altrettanto forte è l’arroganza e la prevaricazione dei diritti altrui. La parola democrazia mi pare sia un sostantivo passato di moda, un modo di dire che si usava nel passato. Oggi la democrazia è stata soppiantata dalla produttività, dalla capacità di produrre reddito, ovviamente se parliamo dei lavoratori, se poi ci riferiamo ai manager, la loro migliore qualità pare sia diventata quella di come sprecare le risorse dello stato. La produzione industriale in calo è solo colpa della scarsa produttività e dell’alto costo dei lavoratori italiani. Come se a decidere e progettare una vettura o qualsivoglia altro prodotto, sia l’operaio o l’impiegato. E poi perché in Germania, dove il costo del lavoro è 1,8 volte quello italiano, l’economia tedesca è la locomotiva d’Europa? Forse perché in Germania un ministro che ha semplicemente copiato il compito dal compagno di banco, ha rassegnato le dimissioni? Forse perché un ministro che si è permesso di mettere in nota spese l’utilizzo della PayTV, non autorizzata, si è dimesso? Forse la differenza tra noi e loro sta proprio qui, nell’etica e nel rispetto delle regole, e se il popolo italiano non comincia a prenderne coscienza, scivolerà lentamente nel fondo delle statistiche economiche e sociali di questo mondo, che già lo vede in più di qualche caso dietro molti paesi emergenti dell’Africa. Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia avrebbe dovuto far scoccare la scintilla del sentimento di appartenenza ad un popolo, ad una tradizione culturale. Invece no. Sparati i cosiddetti fuochi della festa, ascoltate le belle frasi del Presidente della Repubblica, ci siamo subito affrettati a riprendere le nostre posizioni di indifferenza, apatia e come al solito con l’auspicata atavica speranza, esclusivamente italiana, che venga qualcuno a risolvere per noi i nostri problemi. Come ebbi modo di dire in un altro pezzo, 150 anni fa vi era una “Giovane Italia”, oggi ahimè, possiamo solo contare su una “Povera Italia”.
Nella foto vedo un Giuseppe Mazzini, preoccupato, non è che già allora aveva capito che tutti gli sforzi per realizzare un'Italia Unita, sarebbero naufragati nel giro di qualche generazione? Auguri, ma sempre nostra povera Italia.