La Poltrona degli Italiani

La spaventosa Apatia, tipicamente italiana, sta raggiungendo vette di elevata indifferenza,  da meritare sicuramente un premio Nobel. Visto che adesso questi premi pare  possano essere agevolmente assimilati ai gratta e vinci,  far prevedere dal prossimo anno un Nobel sull’Apatia,  potrebbe rappresentare una bella trovata. Un riconoscimento questo che dovrà essere assegnato a quel popolo che più degli altri si sarà contraddistinto nello strafregarsene dei propri problemi.  C’è chi oggi se la prende con Berlusconi, con Dalema, con Di Pietro, con Fini e tutta quella bella casta

 

di personaggi politici, che parafrasando il grande Pirandello, sembrano ancora alla ricerca del loro autore.   Siamo stati abituati ad affrontare le problematiche che affliggono il nostro paese, con le pance piene e comodamente sprofondati nei  divani usurati, senza mai partecipare attivamente ad alcuna iniziativa atta a contestare  concretamente e pubblicamente il nostro dissenso. Ma chi ce lo fa fare  di metterci in mezzo a queste cosucce di piazza. 

L’ italiano furbo ed intelligente lo fa fare agli altri. E’ oramai atavicamente abituato a parlare male di tutto e di tutti, dimenticandosi spesso che l’orientamento politico criticato qualche giorno prima è quello osannato oggi.  Ieri tizio era un emerito cialtrone, oggi è invece la speranza piovuta dal cielo, per poi tra qualche settimana essere riposto tra la classifica dei peggiori cialtroni d’Italia. La coerenza, pertanto,  altro non è che una opinione mutabile al variare delle condizioni atmosferiche. Ma quello che sicuramente è fonte di grande capacità intellettiva, certamente invidiataci dal mondo intero, è quella straordinaria virtù di saper trovare quelle giustificazioni, artatamente costruite, generalmente stupide e fuori da ogni logica, come se gli italiani altro non fossero che dei deficienti, per giustificare tali incoerenze.

Non si riesce a capire come un popolo di santi, esploratori, scienziati e scrittori abbia potuto dimenticare il suo  passato così in fretta, abbandonando o peggio ancora svendendo la propria identità culturale e nazionale per opera di quattro idee basate sull’egoismo, scivolando lentamente nel baratro del conflitto generazionale e territoriale, lasciando poco spazio alla solidarietà ed all’intraprendenza, schiacciata quest’ultima dal clientelismo e dalla corruzione.   

I giovani oramai per il 30% risultano disoccupati. I fortunati, si fa per dire, cioè coloro che lavorano, possono godere di rapporti a tempo determinato per altrettanto tempo indeterminato. Giovani che non possono più contare sulla propria dignità di lavoratori, di persone normali che possano aspirare ad un futuro, ad una famiglia, grazie alle straordinarie trovate del libero mercato che pare siano rappresentate dalla produttività e dalla competitività. Un libero mercato che, di libero pare sia rimasta l’egemonia delle grandi aziende a dettare legge sul mercato del lavoro. Aziende che imprecano contro i lavoratori italiani accusandoli di essere scarsamente produttivi, come se agli operai fosse addebitabile l’incapacità manageriale di saper realizzare prodotti competitivi sui mercati internazionali. E’ come al solito colpa è degli operai se le scelte di mercato, gli studi di marketing e di ristrutturazione aziendale  in Italia risultano quasi tutte sballate.  

I servizi pubblici in questi ultimi anni sono in continuo disfacimento. Scuola, sanità, trasporti, comunicazioni,  servizi sociali sono in costante declino pur assorbendo sempre più ingenti risorse finanziarie.  Nonostante le indecorose classifiche dove l’Italia è sempre tra gli ultimi posti, e dove in particolare emerge che, rispetto ad altri paesi europei, investiamo di più per avere qualità inferiore, a noi cittadini italiani è sufficiente sbottare nell’anonimato dei nostri salotti. Non perdiamo mai occasione per lamentarci, per inveire contro tizio o contro caio, nulla ci va bene,  son tutti ladri, sono tutti corrotti, riteniamo che il clientelismo sia l’unica forma per poter accedere ad ottenere dei servizi  il sospirato posto di lavoro,   e poi pigramente attendiamo l’arrivo del Messia.

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