E’ oramai notte fonda, per le strade non c’è nessuno. Se si è fortunati ci si può imbattere in qualche gatto nero probabilmente alla ricerca della sua bella micia con cui poter interrompere l’imperante silenzio con le loro fusa amorose.
Mi soffermo a guardare alcune abitazioni le cui mura frastagliate dalle rughe di un epoca lontana, evidenziano con cruda realtà il tempo trascorso dalla loro ultima tinteggiatura, probabilmente avvenuta qualche secolo fa. Cosa dire di alcuni portoni in legno a volte maestosi e imponenti, con i batacchi in ferro battuto dalle forme più stravanti, frutto di un ingegnoso e fantasioso artigianato che non esiste più.
Ecco che ad un tratto da lontano odo uno scalpitio di cavalli e l’inconfondibile fragore di una carrozza che con arrogante alterigia rompe l’idilliaca atmosfera di un borgo antico immerso nel suo piacevole e invitante silenzio. Un frastuono che però pian piano si trasforma in un dolce sentire, caratterizzato dallo scalpitio dei cavalli al trotto, che mi riporta ai più anziani ricordi del tempo che fu.
Uno splendido «legno», così vengono chiamati dai cultori dell'arte equestre le carrozze, procedeva verso di me trainata da due cavalli, uno bianco e l’altro nero. Quasi incurante della mia presenza non accennava minimamente a rallentare anche in virtù della scarsa larghezza della stradina. Un cocchiere con palandrana nera, quasi si sentisse l’imperatore della strada mi rivolge uno sguardo fastidioso, come volesse rimproverare la mia presenza a quell’ora tarda. Pian piano quest’immagine va sfumandosi e con lei il suo piacevole fragore riportando la quiete tra i miei pensieri.
Quant’è bello fantasticare, inseguire i propri sogni, immaginare vecchie cartoline sbiadite, resoconto di trascorsi ricordi dove a far rumore erano i nostri pensieri e non l’incalzante frenesia di una società che si è abituata a correre spesso verso mete non sempre condivise o quanto meno frutto dei nostri desideri.
Forse riappropriandoci della capacità e della sensibilità che è in ognuno di noi nel saper restare fedeli ai propri sogni, consapevoli della fugacità materialistica di tutto ciò che ci circonda e che ci affanna, a volte, anzi spesso inutilmente, ripercorrendo in una notte di stelle le vecchie stradine dei nostri borghi antichi e immaginandoci quant’altra gente prima di noi nei secoli precedenti hanno percorso questo nostro tragitto, forse allora capiremmo e apprezzeremmo ancor di più quanto sia straordinariamente bella la nostra storia, quella dalla quale proveniamo, auspicando attraverso il passato, di addivenire ad un futuro migliore.
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