Cultura

C’è poco da stare allegri,  in questi ultimi mesi si percepisce una diffusa sensazione di generale incapacità collettiva a reagire alla crisi finanziaria che attanaglia il nostro paese , stritolando migliaia di aziende marginali e di famiglie oramai oltre la soglia di povertà.  Non c’è occasione in cui il comune cittadino non parli male e  peggio ancora non si lamenti dello stato perdurante di crisi.   Oramai sono milioni le persone in cerca di prima occupazione o che avendocela già, l’hanno perduta.  Preoccupante è il continuo rinfoltimento dell’esercito dei cinquantenni disoccupati: troppo giovani per andarsene in pensione e ahimè troppo vecchi per essere riciclati nel mondo lavorativo. Inizialmente si è pensato alla solita crisi internazionale che ovunque passa devasta e distrugge con perfida malvagità non conoscendo i valori della solidarietà.  Solo che,  a distanza di  vent’anni ci siamo resi conti che le conseguenze derivanti dalla crisi finanziaria internazionale, qui da noi, hanno assunto proporzioni maggiori che altrove,  stimolando la preoccupazione e per certi versi anche l’indignazione da parte dei nostri patner europei.   Qui in Italia il problema non è il rapporto fra deficit pubblico e PIL, oppure   tra import ed export o peggio ancora tra PIL e Occupazione. Da noi il problema ha una sua peculiare e chiara fisionomia: si chiama: corruzione. 

In un paese dove l’apparato pubblico pare gremito da organi controllo, peraltro con alti costi gestionali, ci si è accorti che non vi è un settore che non sia stato devastato dalla corruzione, clientelismo e concussione.   Un paese dove corrotti e corruttori appartengono alla categoria, oltre che della politica, oramai priva di una propria dignità, da tutta una classe dirigente, dove risulta difficile individuare aree di eccellenza e di rispetto delle regole.  Una devastazione senza precedenti , dove  i  confronti con i paesi del terzo mondo ci fanno impallidire.

Un paese il nostro,  dove siamo riusciti a costruire una democrazia a due velocità, quella applicabile ai politici, tutelante anche aldilà dei reati diversi da quelli di opinione e quella dei poveri cittadini, tartassati e spesso anche vilipesi quali bamboccioni, schizzinosi e addirittura apostrofati quali “coglioni” se appartenenti ad un eventuale indirizzo politico.  Cosa dire poi con alcuni generosi e sanguigni parlamentari,  che nell’impeto di difendere i loro “Valori e ideali politici” con il tricolore si volevano pulire “il culo” oppure  generando odio e rancore tra le varie genti del paese.  Se poi andiamo ad analizzare tutto il sistema della distribuzione del potere e come questo è stato esercitato,  il vomito è il minore di mali che potrebbero far suscitare nell’onesto cittadino.

Questo lo scenario,  che forse per certi versi potrei anche definire ottimistico,  visto che giorno dopo giorno la sporcizia che sta venendo a galla è di proporzioni inaudite,  oltre che le squallide motivazioni su cui si poggia. Il tutto  senza una seria riflessione su perché e come sta accadendo tutto ciò non servirebbe a nulla, si tratterebbe solo di aver indicato degli effetti senza aver analizzato le cause.

Si, proprio così, anche perché se queste cause non vengono seriamente rilevate non apporteremmo alcun beneficio all’attuale degrado.  I risultati di una mia personale analisi sono maledettamente drammatici in quanto non investono purtroppo la classe politica ma tutto un popolo, quello italiano,  dalla Val  d’Aosta a Pantelleria.  Ahimè si, per me la colpa di siffatto degrado è ascrivibile ad una scarsa qualità culturale e a un inadeguato senso di appartenenza oltre che patriottico soprattutto etico.

Basta vedere con quanta apatica indifferenza affrontiamo questo continua presa di conoscenza dello scempio fatto da tutta una classe dirigente e politica del patrimonio finanziario che appartiene a tutti noi. Non ho visto indire una sola manifestazione di protesta. Associazioni e sindacati mai come in questo periodo manifestano tutta la loro insufficienza  reattiva, incapaci di saper oramai battere i pugni sul tavolo. Anzi se si reagisce al di fuori del coro delle ipocrite posizioni assunte dalle segreterie dei vari partiti, si viene tacciati di “Antipolitica”. Pretendere di mandare a casa con un vagone di calci nel sedere questi politicanti da tre soldi è antipolitica come se tutto quello che loro hanno fatto sin’ora rappresenti la politica con la P maiuscola. In mezzo a tutto questo squallido sistema di ipocrisie e sporcizie i cittadini trovano più interessanti dedicarsi con apatica indifferenza alle frivolezze banali di una comunicazione oramai fatta solo di spioni della privacy altrui.  Centinaia di migliaia di famiglie che pur avendo in casa figli ultratrentenni sembrano aspettare il ritorno del Messia che possa assegnare a loro,  finalmente,  un posto di lavoro.  E’ veramente penoso constatare che quello che stiamo vivendo non è più una crisi finanziaria, bensì una spaventosa crisi culturale collettiva dalla quale uscirne è veramente molto difficile.   

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