Grecia.  Le dimissioni anticipate di Tsipras, a circa un anno dalla sua elezione a capo del governo, sta  riportando la Grecia nel caos politico ed economico. Proprio colui che ha fatto sperare e sognare il mondo intero per la sua caparbia politica di chiusura ai poteri forti della finanza, sta conducendo il paese in una nuova fase d’incertezza e soprattutto di delusione,  facendo così crescere quelle aree politiche che in passato sono state la causa della devastante  crisi economica ellenica.    

Gli accordi sottoscritti da Tsipras con la troika per ottenere l’ulteriore tranche di aiuti, si sono poi rivelati più coercitivi di quelle della fase iniziale. Questi accordi hanno già delineato il futuro della Grecia, ovvero uno stato  che difficilmente potrà avere un futuro di crescita sociale.  Le strategie fiscali sono già chiaramente programmate, improntate alla riduzione dello stato sociale, alla riduzione dei costi generali dello stato, con la stupida quanto scellerata convinzione che la Grecia possa nel tempo ridurre il suo debito pubblico. La politica ellenica   è oramai impegnata, in ossequio alla sottoscrizione degli accordi in sede europea, di procedere alla drastica riduzione dei costi dell’apparato pubblico, che se in parte fonte di sprechi, rappresenterà un’ulteriore aumento della disoccupazione. Una politica essenzialmente rivolta alla gestione del pubblico apparato,  senza alcuna vera e concreta strategia di sviluppo dell’economia reale. Come se l’interesse esclusivo dell’Europa fosse rivolto a contenere i costi dello stato ellenico, forse perché consapevole che non riuscirà mai ad onorare i propri debiti.

Ecco che appare evidente che la consultazione elettorale non servirà a nulla. Tsipras perderà una barca di elettori consentendo a Nea Democrazia di andare a riprendersi il potere. Una beffa,  dopo il danno di Tsipras di essersi abbassato i pantaloni alla lobbie della finanza, nonostante il 63% del popolo greco nella precedente consultazione popolare gli avesse dato ampio e chiaro mandato di non accettare le condizioni imposte dalla BCE e dall’Unione Europea. Non cito in questa fase il Fondo Monetario Internazionale il quale nell’ultima delibera di aiuti alla Grecia si è tirato fuori, ritenendo fondamentale e prioritario che ogni tipo di d’intervento a favore della Grecia non poteva prescindere da una riduzione del suo debito.

Il governo che verrà fuori dalle urne domenica prossima sarà un governo senza peso politico, economico e diplomatico. Un governo senza spina dorsale, al soldo del volere e del potere delle lobbie della finanza, dove non ci sarà più lo spauracchio di colui che ha messo in fibrillazione le cancellerie di tutto il mondo con la sua iniziale intransigenza ad accettare le politiche di rigore che già tanti sconquassi hanno generato nell’economia greca e non solo.  E poi se diamo uno sguardo al palcoscenico della politica ellenica ancora una volta riscontriamo che questa ulteriore farsa sarà portata in scena da attori di dubbia capacità.  Probabilmente saranno degli ottimi doppiatori che sapranno recitare alla perfezione copioni scritti in inglese, avendo da tempo dimenticato la “dimotiki”. Anche se dovesse prevalere Tsipras il quadro politico e il suo assetto nell’ambito europeo non cambierà. Troverà Tsipras quella necessaria  forza per rimettere in discussione quegli accordi che lui stesso ha sottoscritto? Povera Grecia, ancora una volta la sua storia viene scritta al di fuori delle sue frontiere.

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