Il Declino della Politica e il Ritorno al Feudalesimo Economico: Come le Lobby e gli Interessi Privati Hanno Svuotato la Democrazia del XXI Secolo
È uno scenario sconfortante quello che si presenta davanti a noi nel 2024, dove la politica ha ormai smarrito il suo ruolo originario, lasciando che l’interesse personale e il potere delle lobby economiche e finanziarie ne prendano il posto. Una riflessione profonda su questa realtà ci conduce a considerare come, pur essendo nel pieno del XXI secolo, ci troviamo ad affrontare dinamiche che sembrano riportarci indietro nel tempo, in un contesto che somiglia molto al sistema feudale del Medioevo. Invece di essere guidati da politici dediti al bene comune, vediamo come il sistema venga dominato da coloro che hanno il maggior potere economico, grandi magnati che possiedono ricchezze inimmaginabili e che detengono la capacità di influenzare, quando non addirittura determinare, le decisioni politiche dei governi di intere nazioni. L’idea di una politica al servizio del popolo, che un tempo rappresentava il cuore pulsante della democrazia, appare ora un’illusione quasi romantica, sostituita da una realtà in cui i rappresentanti eletti non rispondono più alla nazione e alla collettività, ma a correnti economiche e finanziarie da cui traggono il loro sostegno.
Queste correnti determinano agende, influenzano scelte strategiche e plasmano interi governi per fare sì che il sistema risponda ai loro bisogni e non a quelli dei cittadini, in particolare di quei cittadini appartenenti alle fasce più deboli della popolazione. È innegabile che la politica, da tempo ormai, sia diventata un sistema chiuso, dove l’accesso è riservato a chi può assicurare fedeltà alle grandi potenze economiche o rappresentare interessi ben definiti. Così, le lobby stabiliscono, con una naturalezza che è insieme preoccupante e stupefacente, chi entra e chi esce dalla scena politica, chi viene posto ai vertici e chi viene lasciato indietro. In questa logica, il popolo sovrano è relegato a un ruolo passivo, svuotato della sua sovranità effettiva, limitato al mero atto del voto, il quale risulta sempre più simbolico e distante da una reale capacità di incidere sui destini della nazione.
Le lobby economiche e finanziarie, agendo nell’ombra e sfruttando le loro immense risorse, non si limitano più a influenzare la politica, ma ne decidono le linee, il futuro e persino l’identità. Gli stati, formalmente sovrani, in pratica operano come semplici esecutori di interessi privati, con un occhio di riguardo verso quei poteri che garantiscono loro la stabilità economica e il consenso dei mercati. Questo scenario è particolarmente evidente in molti stati, dove i governanti sono spesso grandi proprietari di ricchezze o persone fortemente legate a gruppi d’interesse, che mai si sognerebbero di tutelare realmente i bisogni delle fasce più deboli, o di contrastare il potere che le grandi concentrazioni economiche esercitano sui processi decisionali. L’era contemporanea avrebbe dovuto portare progresso, emancipazione e una distribuzione più equa delle risorse, ma i fatti ci dimostrano che stiamo tornando a una struttura sociale di tipo gerarchico, in cui a dettare legge sono ancora una volta coloro che hanno il controllo delle risorse, mentre la maggioranza è costretta ad accettare passivamente le loro decisioni. La stratificazione sociale, che speravamo di aver superato, è tornata in auge in una forma subdola ma ancora più incisiva.
Oggi abbiamo i “nuovi signori” — le multinazionali, le banche, i gruppi finanziari — che dominano il panorama politico con una potenza che neppure i nobili del Medioevo avrebbero potuto immaginare. Accanto a loro vi sono i “vassalli”, politici e amministratori che, pur consapevoli dell’ingiustizia del sistema, preferiscono servire questi poteri per garantirsi una fetta del privilegio, mentre il popolo è relegato a una condizione di impotenza. Chi sperava in un’evoluzione sociale e in un miglioramento delle condizioni di vita per tutti si trova oggi a dover fronteggiare una realtà amara, in cui le disuguaglianze sociali non sono diminuite, ma, al contrario, si sono accentuate. È sconvolgente constatare come il progresso tecnologico, che avrebbe dovuto migliorare la vita di tutti, sia stato sfruttato per rafforzare il controllo delle elite economiche, creando una distanza sempre maggiore tra chi ha potere e chi non ne ha. Le promesse di democrazia, giustizia sociale e inclusione sono ormai un ricordo sbiadito, soffocate da una macchina economica che non si ferma e che non mostra alcuna intenzione di fermarsi, proseguendo invece nella sua opera di divisione e sfruttamento.
A dispetto dei diritti e delle libertà che dovrebbero essere garantiti a tutti, il potere reale è in mano a pochi, che si preoccupano esclusivamente di proteggere i propri interessi e di incrementare il proprio controllo. L’aspetto più allarmante è che, in questo contesto, non si intravede alcuna prospettiva di miglioramento. Le forze politiche che potrebbero rappresentare un cambiamento vengono costantemente marginalizzate, mentre i media, anch’essi sotto il controllo delle grandi potenze economiche, manipolano l’opinione pubblica, indirizzandola verso obiettivi effimeri e distraendola dai problemi reali.
La possibilità di un ritorno alla politica come servizio al bene comune appare sempre più remota, e anche quando emerge una figura nuova, capace di portare avanti una visione alternativa, essa viene rapidamente assorbita dal sistema o messa a tacere. Nonostante il progresso in molti campi, il sistema sociale contemporaneo è ancora dominato da dinamiche di tipo medievale, dove ogni decisione importante viene presa da una cerchia ristretta di persone, che trattano la società come una proprietà da gestire a proprio vantaggio. Non c’è speranza di emancipazione per chi si trova nelle fasce più basse della scala sociale, poiché ogni possibilità di riscatto viene bloccata da un sistema che impedisce qualsiasi reale cambiamento. Siamo di fronte a un vero e proprio paradosso: nel 2024, l’umanità dispone delle conoscenze, delle tecnologie e delle risorse necessarie per garantire a tutti una vita dignitosa, eppure la maggior parte delle persone vive in condizioni di crescente incertezza e precarietà.
Il futuro, anziché rappresentare una promessa, sembra una minaccia, in cui la stabilità e la sicurezza sociale sono riservate solo a chi ha il denaro e il potere per garantirsele. Non si può negare che il sistema economico globale sia stato costruito per garantire la crescita e la prosperità, ma è evidente che questa prosperità è appannaggio di pochi, mentre il resto della popolazione è costretto a subire le conseguenze delle decisioni altrui. Il popolo, il vero cuore pulsante di ogni democrazia, è stato relegato a un ruolo marginale, senza alcun potere reale di influire sulle decisioni che determinano il proprio futuro.
Il libro nell’immagine di sopra analizza i problemi dell’involuzione politica.
In questo mio secondo libro, troverete una personale visione della politica nazionale.