Politica

La penosa fotografia etica-socio-economica del Bel Paese, in cui il domani non è più sinonimo di speranza

Scrivere su ciò che quotidianamente riserva la politica alla gente,  è diventata cosa monotona,  soprattutto per la costante e immancabile conseguente arrabbiatura.  Ci aggiungerei che trattasi anche di una cosa mortificante, vista lo stato di salute pubblica.  E’ sconfortante constatare, giorno dopo giorno, come la politica stia astutamente perseverando nella ricerca dei modi per raggirare l’opinione pubblica.  Ed è subdolamente inaccettabile che il tutto poi venga spacciato, sfacciatamente, come il nuovo che avanza. 

Quello che stiamo vivendo è uno spazio temporale caratterizzato da ipocrisia e falsità.  Manipolazione e appiattimento dei canali di comunicazione che,  pare  facciano da cornice ad un sistema che si  vuole spacciare per  “calzino-rivoltato”, consolidando invece, i peccati del passato. 

Il rafforzamento  del potere della finanza (leggi banche oppure Monte Paschi di Siena, Banche Popolari, oppure Bad Bank, ovvero la banca che dovrebbe raccogliere le sofferenze del sistema bancario,  pare qualcosa come oltre 200  miliardi,  che verranno con “certezza” tolti dalle tasche dei cittadini) è qualcosa che non mi pare sia riscontrabile nei decenni precedenti.  Le tutele democratiche del cittadino comune pare stiano svanendo tra un decreto e l’altro, peraltro tutti decreti legge,  approvati attraverso il voto di fiducia del parlamento,  vanto di questa nuova era politica, peraltro mai riscontrato nemmeno nei peggiori governanti del passato.  Le lobbie al momento non vengono minimamente intaccate nei loro interessi, ovviamente contrari a quelli dei cittadini.  Come non vengono toccate prebende e vitalizi dell’entourage politico;  mentre si bloccano gli adeguamenti pensionistici dai 1400 euro in su e consentendo alla spese pubblica di crescere insieme alle auto blu,  che sarebbero dovuto  scomparire.

Se poi scendiamo sul campo della riforma del lavoro,  per quanto mi sia sforzato di trovarci qualcosa di buono, al momento, probabilmente per effetto della mia demenza senile, ci ho trovato poco o nulla.  Continuo a non capire perché ancora di arrabattano sul costo del lavoro, oramai in termini assoluti il più basso d’Europa, come se fosse il problema della decrescita economica del paese.  Scusate, mi ripeto ancora una volta, tale imbecillità è difficile da poter digerire.

L’economia è ferma per due soli grandi motivi: il primo è determinato dalla corruzione e dalla criminalità dilagante,  che condizionata ogni iniziativa economica; la seconda, è rappresentata  dall’arretrata e  farraginosa  burocrazia,  generatrice di una miriade di piccoli centri  di poteri che ostacolano, rallentano e demotivano lo sviluppo imprenditoriale.

Se poi esaminiamo il sistema legale ci accorgiamo che in’Italia sono in vigore due codici penali: uno applicabile inesorabilmente e implacabilmente ai normali cittadini (leggi sudditi); l’altro valido per la classe dirigente e imprenditoriale in genere, costituito da norme opinabili, adattabili e soprattutto improntate sulla “carità cristiana”.  E, laddove non adeguatamente plasmate al credo cristiano (porgi l’altra guancia) la  lacuna è presto sanata dal parlamento con straordinaria solerzia e con il voto favorevole anche dell’opposizione.      Una classe politica straordinariamente sensibile  al rispetto dell’etica da parte dei suoi componenti , per cui viene frequentemente concessa l’immunità parlamentare anche per i reati comuni, e nei casi più gravi adotta percorsi di riabilitazione e di recupero presso centri anziani per ben quattro ore a settimana, mica uno scherzo. Questa si che è giustizia,  che consente, oltre a pagare la pena anche il ravvedimento.  Provvedimenti giurisprudenziali che senza ombra di dubbio rappresentano l’evoluzione democratica di un paese, dove il cittadino, chiunque esso sia,  è uguale agli altri davanti alla legge. Mi scuso per l’ironia ma desideravo chiudere il pezzo con un po’ d’allegria.        

E’ questa la penosa fotografia etica-socio-economica  del Bel Paese, in cui il domani non è più sinonimo di speranza.