La democrazia secondo gli USA (e getta)
Quanto accaduto poche ore fa in Iraq, l’uccisione del generale iraniano Soleimani, da parte degli USA, desta non poche preoccupazioni. Non tanto per le eventuali ritorsioni peraltro già annunciate a furor di popolo, quanto per le motivazioni reali che hanno convinto la Casa Bianca a dare il via all’operazione omicida.
Credo molto poco alle ufficiali motivazioni americane, circa l pericolosità del soggetto e sull’ipotetica ipotesi di imminenti attentati contro gli interessi USA nel mondo. Non ci credo perché se fosse veramente vero, Soleimani non se ne sarebbe andato in giro diventando una facile preda. Motivo questo che farà ulteriormente irritare l’Iran, con coinvolgimenti non simpatici in tutta l’area medio orientale.
L’economia americana, per quanto in crescita, da anni non è più in condizione di ridurre il suo crescente debito pubblico, di cui 2.200 miliardi di dollari in mano ai cinesi. Le spese militari atte a mantenere la sua egemonia nel mondo, spesso denominata “esportazione di democrazia con le bombe” è in crescita, nonostante le false dichiarazioni che da anni si susseguono circa la ventilata uscita degli USA in numerose aree d’intervento bellico. Il sistema finanziario USA scricchiola, specchiandosi con quello europeo, preoccupati entrambi dall’arroganza e dall’arrembaggio di economie emergenti quali Cina, India, Brasile e parte dell’Africa.
Motivo per cui risulta, alle evidenze di strategia politica, la necessità di un evento che scuota il sistema, che lo metta in ansia, scatenando una profonda sensazione di paura, in modo che le lobbies della finanza e quelle delle armi riprendano il controllo di quello che sembrerebbe al momento sfuggirgli.
Il profondo nazionalismo degli americani, accompagnato dalle prossime elezioni per nominare il nuovo inquilino alla Casa Bianca, in virtù di quanto scritto prima, lasciano presagire scenari di grande preoccupazione. Non dimentichiamo Bush e la sua campagna contro le armi di distruzione di massa mai rinvenute, voluta e perseguita essendo il suo gradimento scaduto ai minimi storici.
Trump, gli ultimi sondaggi lo danno perdente, quindi perché non giocarsi la carta del nazionalismo? Ed ecco solleticare l’antico nemico, l’Iran, che peraltro pare non passarsela tanto bene anche lui. Solo che l’Iran non è l’Iraq e un eventuale conflitto potrebbe avere una escalation drammatica per tutto il mondo. All’Iran oggi un conflitto aperto con gli USA con converrebbe e aldilà delle promesse rivendicazioni, non andrebbe molto lontano. IL problema invece, sono proprio gli USA, che a quanto pare hanno bisogno della solita guerra, per poter mettere le solite fette di prosciutto sugli occhi degli americani, scaricare le perdite finanziarie sui partener europei e cercare di acquisire il ruolo, agli occhi del mondo occidentale di salvatore della democrazia. Bisogna dare atto che su questo gli americani sono proprio bravi.
Quello che però Trump sta sottovalutando, tanto penso che a lui non gliene può fregare più di tanto, l’importante è assicurarsi la rielezione, è che un Iran ferito potrebbe risultare molto più catastrofico di quello che appare. La sollevazione del mondo islamico avrebbe dimensioni inimmaginabili, per cui un eventuale conflitto potrebbe trascinarsi per molti anni coinvolgendo altre super potenze. Trump sta giocando con il nostro futuro e non certo per ideali di pace e democrazia.
E’ la volta buona che il resto del mondo dia una lezione di politica diplomatica a questo signore e la suo entourage, prima che sia troppo tardi per tutti, solo che il anche il resto del mondo è soggiogato agli interessi delle lobbies che pare siano ben lontani dagli ideali di pace e democrazia. Allora non mi resta che augurare una buona visione di quello che accadrà.