Elmi AcheiLa scellerata gestione dei conti pubblici negli ultimi 30 anni è sotto gli occhi dei più attenti osservatori, quindi non si può non tacere, ed ovviamente addebitare che  gran parte dello spreco delle risorse pubbliche è stato determinato dalla scarsa lungimiranza politica e aimè dal dilagante e devastante clientelismo.  Ad iniziare dai primi governi di Andreas Papandreu (1919-1996) padre dell’attuale capo del governo Giorgio Papandreu, che negli anni 80 pur di accattivarsi il favore popolare ha dato fondo alle già scarse risorse economiche varando iniziative sociali, a volte discutibili, che favorivano il pubblico impiego e le forze armate.  Il primo ministro greco Costas karamanlis, a cui oggi l’Europa addebita la falsificazione dei dati economici-finanziari è il nipote  di Konstantinos Karamanlis altro politico di rilevo dal dopoguerra. In sostanza abbiamo due grossi ceppi famigliari, i karamanlis ed i Ppandreu che in un certo qual modo hanno tracciato la storia della Grecia del XX secolo. Giorgio Papandreu padre dell’attuale primo ministro, leader del partito socialista “Pasok”, nell’ambito della politica estera ebbe l’infelice idea (mio personale parere) di cercare nuove alleanze verso l’area comunista dell’Europa suscitando l’irritazione  di Usae Gran Bretagna che ho sempre reputato, quest’ultima, il peggior nemico della storia greca. Di conseguenza gli USA cominciarono con spostare la quinta flotta dalla rada del Pireo in Turchia e l’Inghilterra ad ostacolare  la Grecia nella diatriba turca scaturita dall’invasione illegittima dell’isola di Cipro.

La buona tradizione famigliare greca di tramandare l’attività di padre in figlio ha trovato terreno fertile in Grecia, ostacolando la crescita di una seria, variegata e professionale classe politica.  Questo breve cenno storico ci aiuta ad inquadrare e capire da quanto lontano parte il dissesto finanziario  ellenico e dato che la Grecia è stata tra le prime ad entrare in Europa, desidererei sapere come mai tutte le altre banche centrali,  prima dell’istituzione della Banca Centrale Europea, e poi quest’ultima, rilevando le ingenti somme di denaro greco in giro per gli stati dell’unione, nulla abbiano segnalato. A volte pensare male si azzecca, e cioè che sino a quando questi denari affluivano ad incrementare le risorse finanziarie del proprio paese, tutto andava bene, senza chiedersi a quale titolo e per quale finalità erano state spese dalla Grecia. Non possiamo dimenticare, ne tacere che stati Europei quali Germania, Francia, Gran Bretagna ed in  parte anche l’Italia partecipando attraverso la realizzazione delle grandi opere pubbliche, si spartivano la lauta torta ellenica in buona parte rappresentata dai fondi europei. Non poche sono state le voci e le critiche sull’onerosità di alcune di queste opere.  E’ stato come se con una mano gli avessimo dato un aiuto e con l’altra ce lo fossimo ripreso ovviamente con gli interessi e che interessi. D'altronde il prestito messo a disposizione del governo greco dall’Unione Europea per far fronte alle esigenze immediate di cassa è gravato da un interesse annuo del 5%. Ditemi se non siamo ai livelli di strozzinaggio politico. Da una parte ci si straccia le vesti gridando a squarciagola che è doveroso e necessario aiutare la Grecia a venir fuori da questo marasma finanziario, e poi gli si applicano interessi del 5%? Quindi non soldi a fondo perduto, come avevano pensato,  recriminato ed osteggiato i tedeschi, facendo così crollare le borse di mezzo mondo, bensì un prestito lautamente remunerato da un tasso d’interesse reputato elevato, se rapportato al costo del denaro applicato dalla Banca Centrale Europea nell’ambito delle transazioni interbancarie in euro.

La Grecia è in recessione profonda, le sue risorse già scarse sono in grave crisi, il sistema è alle soglie di un vero e proprio collasso  e quindi prevedere che l’economia greca sia in condizioni di poter domani, o meglio nel breve periodo,  onorare la restituzione del debito e relativi interesse, per me è solo “Follia”.

Al governo ed al popolo greco giustamente vengono richiesti sacrifici che in linea generale se rigorosamente applicati, così come sono stati individuati, dovrebbero contribuire ad un’immediata riduzione delle spese dello stato, per poi inesorabilmente lievitare mostruosamente proprio per la caduta dei consumi e quindi per la drastica riduzione delle entrate erariali.  

Tra i sacrifici ipotizzati si parla che la Grecia metterà in vendita alcune delle sue isole o parte di esse.   Siamo arrivati alla frutta.  Gli inglesi nei primi decenni del XIX secolo hanno fatto scempio e razzia delle più pregevoli  opere dell’arte greca, rifiutandone ostinatamente ancora oggi la restituzione.  Oggi nel XXI secolo si spartiranno  i luoghi più belli del Mediterraneo cioè le isole dell’Egeo.  Dato che quest’ultima opzione la ritengo purtroppo seria e realizzabile, la mia speranza è che intervenga una seria ed autorevole partecipazione attiva e di controllo del governo ellenico affinchè la vendita di questi straordinari gioielli di famiglia non  vada fatta solo per utilizzo personale, cioè vendute alle solite famiglie facoltose, ma a coloro che si impegneranno a realizzare su queste isole,  nuovi insediamenti produttivi atti ad incrementare il turismo, l’utilizzo della mano d’opera locale e soprattutto che chi acquisterà s’impegni “categoricamente ed inderogabilmente” alla realizzazione e/o al miglioramento delle infrastrutture esistenti.  Io purtroppo in merito a quest’ultima vicenda non sono ottimista, vedo molte ombre nel futuro politico ed economico greco, perché al momento non s’intravede all’orizzonte una nuova classe politica preparata ad affrontare la gravità del momento e soprattutto scevra da legami di becero clientelismo foriero solo di bassa corruzione. Spero unicamente nel popolo greco, che a differenza della maggior parte dei popoli europei  dimostra coesione e senso civico di appartenenza, e che come nella storia dei secoli scorsi, possa nell’immediato futuro determinare la vera svolta politica e finanziaria. 

Le perplessità ed i dubbi sono immensi, la situazione è particolarmente difficile e non vorrei che alla Grecia, dopo aver scippato i reperti archeologici e le isole dell’Egeo, un domani non si venga ad ipotizzare che Pericle e Platone non erano greci.

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