Frughiamo spesso nel nostro passato alla ricerca di quei ricordi che riescono ad intorpidirci la mente, per darci quella sensazione di rivivere anche solo per un istante, un ipotetico attimo della nostra vita passata, riportandoci indietro in quel tempo in cui inesorabilmente non potremmo più farci ritorno.
Com’è la nostra vita! Una vita fatta di solo passato, vissuto nel ricordo nostalgico di ciò che più ci ha reso felici. Un passato su cui poggia il nostro avvenire e di cui ne trae le aspettative. Una sensazione gradevole questa nostalgia, che riguarda esclusivamente il tempo che fu, fatti ed eventi già vissuti. La nostra mente, una preziosa macchina da ripresa, immagazzina continuamente ricordi, registra gli eventi che non potranno più ripetersi nel futuro e di questi ne fa una scelta, conservandone alcuni ed eliminandone quelli ritenuti banali o comuni oppure sgradevoli. Vi è in noi una consapevole e consolidata certezza che un evento, non sarà mai uguale ad un altro e per questo la nostalgia che alberga in noi e ci accompagna per tutto il corso della nostra vita, ci aiuta a riviverlo. Tante le variabili che la compongono, per cui ipotizzare che un fatto possa ripetersi in futuro nello stesso modo, facendoci provare le stesse sensazioni con la stessa intensità e con l’identica atmosfera è praticamente impossibile. Però lo possiamo ricordare, rievocare, rivivere nei nostri ricordi attraverso le immagini che la nostra mente avrà avuto cura, diligentemente, di registrare. Tutto ciò rappresenta la “Nostalgia”. Risulta logico e consequenziale, alla luce di quanto anzidetto, definire la nostalgia quale elemento appartenente solo al passato o meglio da esso dipendente. E’ legata a qualcosa, a quei fatti ed eventi della nostra vita che non potranno mai più concretizzarsi, appartenendo solo alla nostra capacità di saperli rivivere, ricostruendoli nella nostra mente.
A volte mi chiedo: è utopistico ipotizzare un futuro fatto di passato? Un futuro, il cui tempo che dovrà ancora divenire potesse essere caratterizzato da eventi già successi? Sarebbe come se avessimo la possibilità di percorrere il tempo in ambedue le direzioni. Un’utopistica ipotesi in cui un domani potremmo disporre a nostro piacimento del nostro passato, attraverso “l’autostrada del tempo” che nella circostanza sarà diventata a doppio senso e sperando che a nessuno gli venga l’insana idea di farci pagare il pedaggio. Entrare così a far parte di una dimensione che oggi può solo apparirci irreale, quindi utopistica. E' utopia pensare al passato sperando che sia la parte migliore del nostro futuro? Come potremmo desiderare il passato se poi non c’è un futuro che a sua volta, poi, diventi passato? Se ciò potesse avverarsi avremmo una esistenza in cui non ci sarebbe più la certezza del tempo. La concezione stessa del tempo non potrebbe essere più identica. Nuovi e inesplorati campi del nostro pensiero potrebbero portarci a spalancare delle porte che sin’ora ne abbiamo ignorato l’esistenza, ma che oggi però riusciamo ad ipotizzare. Forse l’ausilio del pensiero, forse proprio quello utopistico potrebbe aiutarci nell’intento. Un campo inesplorato, ma soprattutto ignoto per le conseguenze che potrebbe avere sul nostro modo di concepire la vita e la motivazione prima della nostra stessa esistenza, anche perché non possiamo dimenticare lo stretto legame che c’è tra il nostro pensiero e la parte materiale del nostro corpo che durante la vita compie un vero e proprio cammino temporale, venendo dall’ignoto e per ritornare nell’altrettanto ignoto ma che il nostro concetto temporale definisce “Il Futuro”. Questa ipotesi comporterebbe l’accettazione, in termini straordinariamente irreali per il nostro attuale concetto del tempo, della determinabilità degli eventi con l’eventualità di vivere il nostro tempo in senso contrario, partendo dalla morte per chiudersi con la nascita.
Concetti questi che potrebbero farci comprendere se la ragione razionale di oggi, altro non sia in termini universali: Utopia. E’ irragionevole ritenere utopia la razionalità? Attenzione la razionalità oggi è dimostrata dalle numerosissime leggi della fisica, che la nostra mente è riuscita attraverso le esperienze e le conoscenze a dimostrare. Un’affermazione questa che può essere definita oltre i limiti del ragionevole pensare dell’uomo. Significherebbe stravolgere la convinzione e il pensiero umano da quando questo ha iniziato a frequentare questo pianeta. Significherebbe che tutto quello per cui l’uomo ha lottato in tutti questi millenni è stato solo inutilità o semplicemente “errore”. Anche quest’ultima considerazione è da ritenersi errata poiché è all’evoluzione del nostro pensiero, avvenuto nel corso del tempo passato, che ci consente oggi di poter ipotizzare nuovi scenari per il futuro.
Un ulteriore aspetto che mi lascia perplesso, in conseguenza di quanto sin qui detto, è come poter definire un pensiero “sbagliato” ? Un pensiero può essere razionalmente accettato e se rifiutato dalla ragione, dovrebbe appartenere all’irreale, oppure all’utopia. Certamente non è limitando la spazialità del pensiero e la sua capacità di percorrere nuove strade, partendo da un punto concreto, razionale, per poi giungere o meglio avventurarsi in viaggi attraverso l’universo delle idee che deve essere bistrattato. Il pensiero, secondo me, ritengo potrebbe essere il veicolo che viaggiando nel tempo e nello spazio, in tutte le sue direzioni, senza alcuna limitazione, se non quella della razionalità umana, possa scoprire nuovi orizzonti che quanto meno possano aiutarci a farci comprendere che la realtà dimostrabile non è la sola ad appartenere alla nostra esistenza. Quest’utopia potrebbe appartenere all’universalità delle idee che, partendo o meglio essendo generate da un apparato biochimico, quale il nostro cervello, possano e riescano ad attraversare l’universo, propagarsi come onde radio che qualcuno un giorno potrebbe intercettare, capire, e forse interagire con noi aiutandoci a scoprire il perché dei perché. E poi non è detto che l’universo non sia attrezzato già a recepire i nostri pensieri, potremmo e sicuramente siamo noi a non essere ancora attrezzati a recepire il pensiero quale elemento libero ed indipendente che possa trovare una sua collocazione in uno spazio temporale staccato dal nostro. Ecco che prende idea un’altra ipotetica utopia quella di poter idealizzare il pensiero al di fuori del corpo umano. Un pensiero che possa esistere, propagarsi andare in giro per l’universo indipendentemente dalle sorti del corpo umano da cui ha avuto origine. Ciò non potrebbe già avvenire, a nostra insaputa ? O meglio noi al momento non siamo consapevoli ancora, che il nostro pensiero, i nostri pensieri riescono a volare via al di fuori del nostro corpo, scavalcare i confine della realtà razionale di cui siamo abituati a vivere per vivere una loro vita indipendente attraverso l’ausilio di sconosciute leggi fisiche, che ne regolano la loro sopravvivenza autonoma.
V’immaginate un mondo, una dimensione, in cui i nostri pensieri fatti di passato e di futuro s’incontrano, interagiscono tra di loro, si mescolano alla ricerca della risposta alla più vecchia delle domande. Dovrebbe scaturire da tutto ciò l’immortalità del pensiero che se pur modificandosi nel corso della sua esistenza non avrebbe mai fine perché interagendo con gli altri pensieri, potrebbe si modificarsi ma non estinguersi. Forse solo un giorno riusciremmo a inseguirne uno, e chi sa che non potremmo finalmente cominciare a prendere concreta conoscenza di ciò che realmente ci circonda e caratterizza il nostro motivo di esistere, o almeno attraversare il tempo fuori dalla logica materialistica della sua quantificazione. In questa ipotesi la nostalgia potrebbe eventualmente scomparire, divenire un aspetto sensazionale senza contenuti, visto che percorrere il tempo nelle due direzione potrebbe riportarci indietro o in avanti a secondo da dove abbiamo stabilito di partire. E se il tempo non fosse mai partito? Sarebbe come se la nostra concezione fisica e biochimica da cui scaturisce il nostro attuale pensiero, tutto ad un tratto potesse fare quella scoperta che al momento appare irrazionale ma che lo portasse a concepire quei concetti che oggi limitano la nostra capacità di questi pensieri.
Come non porsi questi dilemmi frutto di una continua e instabile capacità di capire realmente il nostro perché di umani. Ecco che riaffiora la nostalgia, la voglia, il desiderio di ritornare bambini, forse per paura dell’esiguo tempo che ci resta o per la riscontrata capacità che era in noi di saper sognare ad occhi aperti senza porci tante domande. Cercare nel nostro passato la chiave di lettura della nostra vita, per meglio comprendere l’avvenire. Un avvenire fatto d’incertezze di buio, di luci, di giorni e di notti dei quali non conosciamo nulla, che però ci danno la sensazione che siano stati già scritti nel passato o quanto meno predeterminati.
Eravamo partiti dalla Nostalgia, una sensazione di tristezza e di piacevole rivisitazione dei nostri vecchi e cari ricordi. E’ bastato così poco perché la nostra mente riuscisse a cavalcare l’immaginazione che alla velocità superiore della luce è riuscita a navigare nell’universo dei nostri pensieri. Una navigazione indisturbata, libera che però ci ha portato a dubitare del presente quale condizione reale della nostra vita, o meglio a ritenerla quasi una negatività. Ciò potrebbe essere un grande errore interpretativo in quanto ciò comporterebbe una caducità di tutti i nostri discorsi. Non possiamo certo ritenere negativo il punto di partenza dei nostri pensieri e poi, attraverso questo punto, ritenere di poter individuare quella che potrebbe essere la strada vera che dovrebbe condurci alla verità. Una cosa è certa che il dubbio, l’atroce consapevolezza della nostra limitazione mentale, gioca un brutto scherzo al nostro stato d’animo. Se ci si pone questo dilemma, la nostra vita scorrerà incerta, dubitativa di tutto ciò che ci circonda, anche se a dire il vero basta guardarsi intorno per costatare che ormai la maggior parte della gente, di questi problemi non se ne pone proprio.
La gente è troppo occupata e interessata a un fare materialistico, dove il dilemma non è cosa siamo e perché esistiamo, bensì come potremmo vivere in modo migliore godendo dei beni materiali che noi stessi riusciamo a realizzare. Solo che la materialità è rivolta alla soddisfazione materiale di bisogni, mentre la soddisfazione spirituale dei nostri pensieri è passata in secondo piano, o meglio nell’ultimo piano della scala dei nostri valori. La gente non pensa più, o meglio pensa, pensa solo come soddisfare i propri bisogni materiali.
Basta guardare oggi che cosa significa per l’uomo la morte. E’ quasi diventata un fastidio, quando questa ovviamente colpisce gli altri. E’ un fastidio perché bisogna provvedere a far fronte a tante incombenze amministrative. Tutte cose che turbano lo scorrere delle nostre giornate che impediscono di svolgere al meglio le nostre attività. Non ci accorgiamo che una vita è terminata. Una persona ha esaurito il suo corso di vita in questo mondo. Non la vedremo più, non ci potremmo parlare più. Tanto peggio per lui. Per ora è toccato a lui, domani vedremo a chi, l’importante per adesso che io non sia interessato. E’ questo il nostro modo di vivere i valori della vita. Un valore importante e determinate è quello di poter svolgere le nostre attività senza fastidio. La morte, la sofferenza, la malattia, sono un fastidioso impedimento alla nostra spasmodica corsa verso l’arrivismo sociale.
Anche in questo caso ripartiti dalla nostalgia, siamo finiti in un altro rigagnolo d’idee e di riflessioni, che comunque rappresentano uno spaccato serio della nostra vita sociale e del nostro modo di pensare. La ragione o meglio il desiderio della ragione vorrebbe che la vita non avesse mai termine. Se immaginiamo l’immortalità non sapremmo concepire la nostra esistenza, in quanto molti dei nostri valori o delle nostre convinzioni non avrebbero senso. L’immortalità farebbe perdere di consistenza, di valenza alcuni aspetti e valori in cui crediamo sin dalla nascita, proprio perché consapevoli che dopo seguirà la morte, la cessazione di quella forza dinamica che ci consente di prender parte e posto in questa parte dell’Universo. La nostra vita scorre e ci formiamo delle idee in virtù della consapevole fine della nostra presenza su questa terra. Il tutto è condizionato o meglio impostato in funzione di questa “Fine”. Corriamo, ci affanniamo, litighiamo, amiamo, il tutto con passione ed intensità sapendo che poi il tutto avrà fine. Allora a qualcuno verrebbe di pensare, ma chi me la fa fare a dannarmi ? Che lo facciano gli altri, me ne sto quatto quatto, strafregandomene di tutto e di tutti, tanto poi non ci sarà più un poi. Invece no, sin dai primi mesi della nostra vita iniziamo la nostra lotta, che ci porterà a partecipare a questa vita sociale, che altri hanno organizzato per noi e qualche volta ci viene spontaneo di dire, ma chi gliel’ha fatto fare ? Anzi la sempre maggiore conoscenza ci porterà a formulare nuovi pensieri, i pensieri renderanno la nostra vita più complessa e complicata, portandoci a chiederci sempre un perché di qualsiasi cosa. Se invece fossimo degli indifferenti, senza stimoli intorno, probabilmente vivremo più sereni. La non conoscenza non favorirebbe la riflessione e lo stimolo di approfondimento sul nuovo. Però che scopo avrebbe la nostra vita ? Ma lo scopo della nostra gita terrena qual è in definitiva ? Quello di partecipare a realizzare una società sempre più comoda per gli esseri umani che verranno dopo ? Studiamo, lavoriamo ci danniamo per far si che quelli che verranno dopo di noi stiano meglio anche se loro dovranno poi finire sotto terra. Gli animali che ci circondano nulla hanno mai fatto per evolvere la loro esistenza in meglio. Hanno da tempo immemorabile vissuto costruendosi una tana ed hanno provveduto alla loro esistenza procurandosi del cibo. Non hanno mai, nonostante siano passati millenni e millenni inventato mai un televisore o una radio, non stampano alcun giornale e non sono iscritti ad alcun sindacato perché ? Perché non sono riusciti ad evolvere il loro stato ? Allora perché esistono ? Ci rendiamo conto che appartengono alla catena del nostro “ecosistema” che venendo meno qualcuna di queste specie crea un vero e proprio turbamento nell’equilibrio della natura. Anche loro come noi nascono attraverso una gestazione a volte molto simile alla nostra, crescono e poi muoiono. Un ciclo vitale proprio come il nostro. Vivono intorno a noi ma la loro capacità di idealizzare è rimasta allo stato primordiale.
Noi invece abbiamo un cervello che nel tempo si è evoluto per divenire quello che oggi siamo. Numerose le teorie sull’evoluzione della specie umana. Io vorrei solo esprimere la mia, basata non su studi seri come ha fatto tanta gente a cui va il mio rispetto, ma basata su una convinzione scaturita da una serie di riflessioni maturate nel tempo. Io ritengo che l’uomo non sia quello che è perché evolutosi nel tempo, passando attraverso numerosi stadi, passando da un quasi animale di terra o di acqua. L’uomo è nato e si è manifestato in questo universo già come uomo, uomo pensante e capace di elaborare idee e pensieri, dove l’insieme di questi lo ha portato ai nostri giorni e continuerà a farlo navigare nell’universo alla ricerca delle sue origini. Sorgono quindi spontanee alcune domande le cui risposte appartengono al grande dilemma del perché della nostra vita. Perché nessun’altra specie animale può annoverare una simile evoluzione ?
Perché accanto all’uomo è stato posto intorno il regno animale e quello vegetale ?
E se l’ordine dei fattori fosse l’opposto cioè che intorno al mondo animale e vegetale sia stato posto, poi, l’uomo ?
Perché ? Perché? Certo che se continuiamo di questo passo tra qualche pagina avremmo bisogno di una buon analgesico per il mal di testa. I perché si ripetono e si susseguono, si moltiplicano, laddove sembra aver imbroccato una strada che parrebbe quella maestra ci si accorge che di ritrovarsi di nuovo in uno spazio indefinito pieno zeppo di tanti altri perché ? L’uomo esiste, gli animali esistono, tutto un sistema di pianeti e di stelle ruota intorno a noi e noi intorno a loro. Cerchiamo di capirci qualcosa, ma la fantasia per quanto sia rigogliosa in noi s’infrange di fronte a quel concetto di Universo, di infinito. Parole il cui significato è straordinariamente dolce se utilizzate nell’ambito di una bella poesia, ma immensamente turbativa se innestate in una riflessione logica, volta a rispondere uno dei tantissimi perché della vita. Tutti questi altro non sono che pensieri idealistici che ci portano di tanto in tanto ad effettuare dei veri voli pindarici con la consapevolezza che basta un raggio di sole per ritornare violentemente e prepotentemente alla realtà terrena di ogni giorno fatta di razionalità e di concretezza. Una concretezza che però ci lega e ci trattiene benevolmente in un mondo che appena oggi iniziamo a conoscere. Il tutto non vuol essere una negazione del presente materialistico che ci circonda, bensì una riflessione su come potremmo idealizzarlo in termini diversi, meno limitativo, più fantasioso, e forse anche più vicino a Dio. Non c’è niente da fare la spinta emotiva che cerca di portarci sempre più vicini a lui è immensa. A volte viene confusa quale orgoglio o spavalderia, addirittura onnipotenza. Tutte cose assurde, in quanto chi pensa tutto ciò o ritiene che ciò possa essere vero dimentica la vera indole dell’uomo, quella della continua ricerca, quella corsa nel futuro, attraverso il suo passato, con la consapevole certezza che il passato è irrimediabilmente perduto, ma salvo nella sua nostalgia, senza però conoscere nulla del suo futuro.
Non è forse questo anche un bene ? V’immaginate cosa sarebbe la vita dell’uomo o come potrebbe ipotizzarsi se noi sapessimo già a priori ciò che avverrebbe domani ? Oggi certamente una considerazione del genere ci lascerebbe perplessi ed attoniti. Sicuramente delusi di esistere. Però non consideriamo che avere eventualmente la capacità di conoscere il nostro futuro, riuscire a vedere oggi quello che succederà domani, probabilmente comporterà una dimensione, una realtà utopica che oggi non c’è consentito capire e nemmeno percepire. La possiamo solo definire attraverso il nostro linguaggio, mettendo insieme delle parole che hanno come contenuto o meglio rappresentano una idea della quale non conosciamo nulla e che forse ne abbiamo pure paura. Addentrarci in certi pensieri, o meglio inseguirli a ruota libera con sincera riflessione, a volte ci lasciano perplessi su quello che un domani potrebbe essere veramente la nostra esistenza. Riflettiamo un po’. Quanto effettivamente desidereremmo un mondo diverso da quello in cui siamo ormai abituati a vivere ? Sicuramente lo vorremmo meno complicato, più tranquillo e soprattutto più improntato alla tutela dei soggetti più deboli. Sicuramente gradiremmo possedere più beni materiali, ma certamente non sapremmo ne vorremmo vedere sconvolgere il nostro sistema. La considerazione di fondo, su tutti questi pensieri è che questo mondo ha un suo equilibrio, delle sue leggi su cui si basa e si evolve e che sicuramente noi umani nulla al momento potremmo fare per cambiarlo, fatto salva la “distruzione”. Temiamo le forze della natura, dei terremoti, inondazioni, cicloni, elementi che se scatenati dalla natura possono darci dei veri dispiaceri. Però non riusciamo a renderci conto che siamo stati capaci di idealizzare e costruire una forza immane, che potrebbe essere questa che potrebbe distruggere tutto il nostro sistema. La natura sconvolgerebbe una parte di questa terra, noi ormai siamo in grado di poterla distruggere completamente, azzerando tutto quello che la natura ha posto in essere con il lungo lavoro di milioni di anni. Questo, secondo voi, può essere ritenuto progresso ? Oddio, ricominciamo ad avere dei seri dubbi.
di Pompeo Maritati