Potere delle banche e della Finanza

Nella quasi totale indifferenza ci stiamo portando avanti nel tempo, incuranti o forse sarebbe meglio dire rassegnati verso un futuro che tale non lo è più. Qualche decennio fa, il futuro rappresentava la speranza di un tempo migliore, la possibilità di veder realizzati i propri sogni o quanto meno i bisogni minimali per poter contare su un sistema che rispecchiasse la speranza. Oggi la miopia avida di pochi, sta lentamente ma progressivamente distruggendo il domani. La politica, manipolata ad uso e consumo della grande finanza, oramai ha perso la sua dignità. Non è più credibile e peggio ancora è stucchevolmente amovibile.

La ventata di giovinezza propiziata dal simpatico guascone fiorentino, che è riuscito a trascinare a suo favore, nelle ultime elezioni europee ben il 41% dei consensi, sta gradualmente scemando, anche perché ahinoi, agli strombazzati annunci di cambiamento, non si è visto molto e quel poco, pare non adeguatamente indirizzato a far ripartire il sistema economico produttivo, anzi, al contrario, i dati che si susseguono mese dopo mese, lasciano l’amaro in bocca e in qualche caso spalancano le porte a scenari, ipotizzati da alcuni economisti, non proprio felici. L’Italia è in stagnazione, non riesce più a crescere. La paura in un domani incerto e buio ha frenato gli entusiasmi suscitati dagli 80 euro, che pur rappresentando quasi l’1% del PIL non hanno, al momento, generato alcun passo in avanti. La lenta diminuzione della crescita ha come immediato contraccolpo la riduzione delle entrate erariali, con conseguente necessità di ricorrere al progressivo indebitamento, dato che, ancora, la spesa pubblica non si è stati capaci di ridurla. Qualche giorno è stato annunciato, senza grande convinzione dagli organi di stampa, che l’Argentina è nuovamente in difficoltà finanziarie, pare non sia più in condizioni di pagare i propri debiti, anche se da un primo approfondimento, questo “pianificato default” pare più una ripicca americana.

Che le condizioni economiche dell’Argentina non siano buone era scontato, ma che si arrivasse ad un nuovo default, peraltro sancito o scaturito da una sentenza di un giudice americano, forse qualche riflessione in più la situazione la meriterebbe. Il nostro debito pubblico alle soglie del 140% del PIL si sta avvicinando spaventosamente a quello della Grecia ma quello che più di tutto è pauroso, è l’incapacità produttiva interna di generare nuova ricchezza, ovvero nuovi posti di lavoro. Giorno dopo giorno numerose aziende chiudono i battenti oppure delocalizzano le loro produzioni all’estero. Nel contempo la nostra politica si sta avvitando nel problema che per gli italiani tale non è, e cioè la modifica della costituzione, con particolare riferimento ad un nuovo senato. La gente del nuovo senato non gliene frega niente, anche perché è certa che distrutto il bicameralismo perfetto, in un contesto politico, non sempre eticamente corretto, si rischia di rendere particolarmente autoritaria e irreversibile la forza di un partito che potrebbe governare, addirittura avendo rastrellato anche meno del 25% del consenso popolare. Alcuni aspetti di restrizione democratica sono rappresentati dalla richiesta di modificare il quorum per i futuri referendum e per le leggi d’ iniziativa popolare e si discute ancora sulla soglia di sbarramento per i partiti per entrare in parlamento. Aspetto quest’ultimo dai risvolti autoritari e privo di qualunque fondamento democratico, qualora si escludessero i partiti minori, attenzione un partito minore con il 7 o l’8% significherebbe privare di rappresentatività politica a quei partiti che potrebbero portare a casa circa 4 milioni di voti. Tutto ciò, in nome di una devastante crisi economica, non può essere consentito ne tantomeno condiviso. Non possiamo continuare a pensare, o peggio essere falsamente convinti che la politica non produce frutti positivi perché è il sistema inadeguato, mai assurdità più imbecille è stata proferita. Il problema non è il sistema o meglio i meccanismi che regolano la politica, ma gli stessi soggetti che non sempre sono parsi all’altezza del grave compito a cui sono stati chiamati. Il Paese ha bisogno di una ventata nuova, non di giovinezza, che se certamente motivata, risulta però priva della necessaria conoscenza e esperienza, ancor più resa necessaria dalla grave difficoltà in cui versa tutto il sistema Italia. Abbiamo bisogno di una sostanziale e credibile inversione di tendenza etica, di un maggior rispetto delle regole e una responsabilizzazione dei ruoli nell’interesse generale del Paese. Di questo però, e me ne scuso se mi è sfuggito, non ne ho sentito ancora parlare. Di nuove regole, severe e certe, dove finalmente chi sbaglia paga, indipendentemente dal ruolo, non se ne trova traccia.

Alcuni economisti, forse dei gufi anche loro, che però io non sottovaluterei, temono l’arrivo del mese di marzo prossimo, quando fatte le necessarie valutazione potrebbero scattare le famigerate clausole di salvaguardia, su cui poggia tutta la legge di stabilità varata a dicembre scorso. Ipotizzano scenari sconfortanti, dove la stagnazione dell’economia, in condizione di non poter intraprendere strade virtuose in così pochi mesi e un debito pubblico che potrebbe attestarsi ad un pauroso 145% del PIL, consentirebbe all’Europa di alzare la voce e imporci delle nuove manovre economiche che potrebbero far collassare il Paese. D’altronde loro hanno un metro valutativo che da noi non è entrato nella zucca e cioè: se non sapete creare nuova ricchezza, quanto meno riducete il debito. Se le nuove tasse produrranno ulteriore recessione, loro non se ne fregano più di tanto, l’importante che l’Italia non produca ulteriore debito pubblico. In poche parole preferiscono una contrazione dei consumi, che in parte potrebbero ripercuotersi anche in altri stati dell’Europa, pur di non produrre ulteriore debito che poi potrebbe non essere ripagato. Gli interessi delle grandi lobbie della finanza è quello di tenere l’euro entro un certo parametro nei confronti del dollaro, mai al di sotto dell’1,25 $ per un euro. Per fare ciò il debito pubblico, non solo italiano, dev’essere tenuto sotto controllo e rientrare nelle dimensioni di sopportabilità. La contrazione dei consumi potrà essere in parte placata con interventi a carattere straordinario atti a favorire una maggiore circolazione monetaria iniettando liquidità a costo pari allo zero al sistema bancario. D’altronde vorrei che i soloni della finanza ci spiegassero perché USA e Giappone hanno liberamente fatto ricorso ad emissione di nuova carta moneta, senza averne i necessari parametri, facendo così rafforzare le altrui monete e favorendo lo sviluppo interno. In giugno il Pil degli USA è cresciuto del 4% e scusate se è poco. Ciò significa nuova ricchezza distribuibile, nuovi posti di lavoro e paradossalmente la carta moneta iniettata nel paese è in parte rientrata sotto forma di tasse. In Europa l’unica iniezione è stata quella di elargire circa 1000 miliardi di euro alle banche al tasso dell’1% e le banche se ne son guardate bene di indirizzare questa enorme massa di liquidità a nuovi investimenti produttivi. Hanno dirottato tale liquidità all’acquisto di debito pubblico, ottenendo non solo un gratuito guadagno, ma mettendo così il coltello alla gola dei vari governi che dovranno fare attenzione nelle loro politiche economiche, in quanto saltando le banche a saltare saranno proprio questi governi.

E’ un intreccio spaventosamente incentrato sugli interessi finanziari di un sistema che la miopia politica di alcuni ha consentito di assumere nei decenni proporzioni immani, tali oggi da risultare particolarmente difficile uscirne fuori senza farsi male sul serio. Se a tutti questi intrecci vi aggiungete una classe politica poco incline ad un atteggiamento più consono agli interessi del paese, ecco che la frittata è forse quasi pronta. Io spero con sincerità e onestà di pensiero che questi autorevoli economisti, prima definiti gufi, si siano sbagliati e che al momento opportuno si sappia evitare, quanto meno di farci male da soli. O è una utopia la mia?

    Pompeo Maritati

Di Pompeo

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