La lettura dei dati sull’andamento dell’economia italiana di questi ultimi mesi non lascia, secondo il mio parere, più spazio alle esternazione governative di ottimismo. La stagnazione dei consumi, conseguenza della ridotta circolazione monetaria e dalla sfiducia generalizzata verso il futuro, sta generando un avvitamento della nostra economia, ovvero la riduzione dei consumi che rallentando il gettito erariale, in presenza di costanza di spesa pubblica, ancora priva di quella necessaria razionalizzazione, che in presenza di una crisi devastante, continua a lievitare. Il brutto di tutto ciò è che, da quando in qua, evidenziare questi aspetti negativi , si viene immediatamente catalogati nella specie animali riconducibile a quella dei “Gufi”, in poche parole ai “porta iella”.
Certo se un primo Ministro asserisce che una variazione del PIL dell’1,5 o dell’1 o del 0,4% è ininfluente per la gente, io a onor del vero e senza voler essere irriguardoso verso Renzi, oltre a preoccuparmi seriamente, m’arrabbierei un po’. Se oggi noi, sistema Italia, potessimo vantare un trend positivo dell’1 o dell’1,5%, probabilmente staremo a brindare con il nostro meraviglioso spumante. Invece se tutto dovesse andare per il meno peggio e riuscire a toccare un +0,3% anch’esso vacillante, forse un buon bicchiere di birra, acquistata dal discount di vicino casa, potrà soddisfarci , incrociando le dita per i prossimi mesi.
Ma non vi pare un po’ anacronistico che nel 2015, nel guardare al nostro futuro, dobbiamo rimetterci alle benevolenze del fato, incrociare le dite e aspettare? C’è qualcosa che non quadra: o sto diventando giorno dopo giorno sempre più imbecille (il che potrebbe essere probabile, vista l’incalzare dell’età) oppure questa squadra di governo sta iniziando a porre in essere il classico ma iniquo gioco delle tre carte. Ci chiede di scoprire dove sta il debito pubblico che la gente comune non riesce più a individuare in quanto in continuo movimento e in frenetica oscillazione, guarda caso mai all’ingiù.
Non vuol essere un attacco gratuito a chi di governa, non è il caso, ne tanto meno la difficoltà del momento ci consente facili banalismi o prese di posizioni gratuite. Questa vuol essere una riflessione, seria, meditata, frutto di una analisi scrupolosa di ciò che ci sta accadendo, dove le difficoltà oggettive della gente, si sono ulteriormente incancrenite, senza spiragli di luce se non i classici abbagli che poi ci lasciano ancor più con l’amaro in bocca, vedi quanto affermato da Renzi al Parlamento Europeo a chiusura del semestre italiano, roba da censura.
La disoccupazione continua ad incalzare mettendo a dura prova la resistenza finanziaria delle famiglie che si trovano a fronteggiare la perdita del lavoro di qualche loro congiunto, luogo comune un po’ ovunque sul territorio italiano. I consumi calano o comunque vengono dirottati su qualità e quantità inferiore a quella di qualche anno fa, per non parlare della lievitazione dei prezzi. Aspetto questo controverso, in quanto stando alle rilevazioni ISTAT i prezzi dovrebbero addirittura essere calati, quando invece nella quotidianità riscontriamo un lento ma progressivo innalzamento del prezzo di tanti prodotti di prima necessità. Se a ciò ci aggiungiamo il vertiginoso aumento dei servizi pubblici e della tassazione degli immobili e di tanti altri piccoli balzelli, il più delle volte passati inosservati, fatto salva la temporanea diminuzione dei carburanti, penso proprio che ritenere questa riflessione un elemento di “porta iella” è da emeriti imbecilli.
Al momento non intravedo concreti elementi su cui poter sperare in una inversione di tendenza, e se non riusciamo a vederlo noi, Gufi per antonomasia, che a quanto pare siamo capaci di veder bene anche quando c’è poca luce, mi chiedo come fa un governo a non accorgersi che forse non trattasi dei soliti gufi e civette, bensì di soggetti che vorrebbero seriamente sperare in un futuro ovviamente non molto lontano in cui soprattutto le giovani generazioni possano concretamente partecipare al crescita sociale, economica ed etica di questo paese, traendone le dovute conseguenze del caso. Non vorrei, giusto per giocare un po’ con il significato delle parole, che il caso in oggetto, i nostri ministri l’abbiano confuso con il formaggio. Attenzione, con un debito pubblico che sta correndo velocemente verso il 150% del PIL, rischiamo di condire amaramente quel poco di pasta asciutta che ci resterà.
di Pompeo Maritati