L’Economia mondiale rallenta: si ipotizzano nuove strategie senza analizzarne le cause
E’ oramai un dato di fatto, non più una previsione che l’economia mondiale, anche per il 2016 è destinata a rallentare. I dati di cresciti sono rivisti al ribasso e non poche sono le strategie ipotizzate per fronteggiare questo fenomeno, che per la sua durata e per la sua consistenza, sta preoccupando un po’ tutto il mondo finanziario e produttivo.
Per la prima volta nella storia dell’umanità, prestare soldi alle banche non è più un contratto remunerativo per il risparmiatore, al contrario, sarà quest’ultimo che dovrà riconoscere alla banca un compenso, assimilato a spese di mera custodia. Elemento questo che ha fatto presagire un decollo della domanda, non trovando più conveniente tenere i soldini senza alcuna remunerazione. Invece paradossalmente il risparmio è aumentato, la domanda è calata vertiginosamente, mettendo in crisi non pochi settori, generando un surplus di offerta, motivo per cui da un po’ di tempo l’inflazione ha lasciato il posto alla deflazione, cioè alla riduzione dei prezzi.
Leggevo oggi su alcune autorevoli testate finanziarie l’invito alle banche centrali di inondare l’economia di grandi masse di carta straccia. In poche parole applicare il Quantitative Easing già posto in essere dalla BCE di Draghi, in proporzioni ancora più elevate. Ma l’aspetto più interessante su cui mi soffermerei a riflettere è l’inversione di rotta nei confronti delle politiche monetaria impostate sull’austerità.
Se questi soloni dell’economia volevano stupirci con i loro effetti speciali, penso che hanno ottenuto il risultato sperato: siamo tutti stupiti ma ci riserviamo di valutare meglio queste proposte, in quanto è mia personale opinione, che siano più frutto della solita spregiudicata voglia di tappare il buco sulla condotta di acqua in casa propria, senza minimamente preoccuparsi della perdita enorme sulla condotta centrale. I detentori delle redini della finanza mondiali ci hanno da tempo abituati ad assecondare strategie di breve termine che portassero loro immediati utili da reinvestire o da aumentare la patrimonialità delle aziende possedute, senza tener conto degli effetti negativi, se non addirittura perversi, nel lungo termine. Oggi l’economia sta pagando l’avidità dei nuovi pescecani della finanza, soggetti senza scrupoli, dove la Bibbia è rappresentata solo da una sommatoria di numeri che devono sempre e comunque e a qualsiasi costo, produrre giorno dopo giorno un risultato maggiore di quello precedente.
Il pericolo che oggi stiamo correndo nel bel mezzo di una economia mondiale che pare abbia messo il freno a mano, è che l’applicazione dell’allargamento dei cordoni della spesa pubblica, in presenza di ingenti masse di liquidità, rappresentate dal nulla, possano innestare una bolla di grandi proporzioni, che una volta esaurita la capacità di assorbimento da parte del mercato, si sgonfi così repentinamente, da sconvolgere e travolgere tutto il sistema economico finanziario. Fatto questo che avrebbe pesanti ripercussioni di ordine sociali, in quanto, come al solito, a pagare le conseguenze degli scellerati indebitamenti dello stato, sono sempre le fasce più deboli. Un maggiore indebitamento pubblico significherebbe che un’altrettanta maggiore quantità di risparmiatori, siano essi istituzionali o privati, si ritroveranno con un capitale il cui valore sarà zero o quasi e che lo stesso stato non sarà più in grado di garantire. Già di per se l’inondazione di carta moneta, arbitrariamente stampata, solo perché si ipotizza la sua velocizzazione, produrrà nel medio termine danni difficilmente sanabili nel breve, condizionando e purtroppo frenando ulteriormente la crescita economica mondiale.
Qui ovviamente stiamo ipotizzando scenari a livello mondiale ma è opportuno evidenziare che gli eventuali fenomeni di degrado e di degenerazione dei mercati finanziari non avrà ovunque la stessa portata negativa. Stati che presentano già oggi un rapporto insostenibile tra debito pubblico e PIL, peraltro sostenuti e condotti da classi politiche non particolarmente etiche, dedite per lo più alla corruzione ed al clientelismo, le conseguenze saranno devastanti. Conseguenze che metterebbero a rischio tutti i patti precedentemente stipulati tra i vari stati, prima tra tutti l’Unione Europea, che proprio in quelle circostanze evidenzierà ancora di più le divisioni e le insofferenze interne ai vari stati.
L’economia è oramai ad un passo dal “cataclisma” le turbolenze che hanno caratterizzato i mercati dall’inizio dell’anno stanno pienamente dimostrando grande instabilità, nervosismo e diversità d’intenti. Altrimenti l’altalena delle borse che riescono in un solo giorno a guadagnare o a perdere più del 5% appartiene solo alla “pazzia finanziaria”. Si, i mercati stanno impazzendo, perché privi di credibilità. L’inaffidabilità del sistema è diventato globalizzato anch’esso. Mentre le lobbie prima riuscivano a mettersi d’accordo tra di loro, oggi si muovono in ordine sparso, nascondendo le loro strategie, per paura che potessero queste essere utilizzate proprio dai loro avversari diretti.
La stupidità di alcune lobbie che hanno in questi ultimi decenni sostenuto le politiche di belligeranza armata in giro per il mondo hanno generato paura e insicurezza. La gente non vede nel domani un futuro migliore. Vede nero. Ha recepito che il mondo e tutta la sua classe dirigente sta collassando per incapacità e avidità, motivo per cui pur in presenza di tassi sotto zero, non è invogliata ad investire, al contrario, continua giorno dopo giorno a risparmiare, avendo paura del domani.
E’ questo che io non riesco a capire perché tutto ciò non viene recepito dai detentori del potere finanziario. Il problema oggi non è la politica, in quanto è da tempo oramai al servizio delle lobbie, ma come mai queste lobbie, che peraltro sono dotate di gente con grandi cervelli, non abbiano capito che è arrivato il momento di allentare le redini e di mirare ad un riequilibrio tra finanza ed economia reale?
E’ questo che mi lascia perplesso, in quanto se pur vero che oggi l’economia e la finanza presentano quadri macroeconomici complicati e difficili da gestire, è altrettanto vero che solo attraverso una analisi attenta e imparziale del comportamento delle masse, dovrebbe far capire loro che è giunto il momento di rivedere al ribasso le loro stime, intervenendo su molti aspetti sociali sino ad oggi sacrificati, giusto per evitare che alla fine della giostra ci si faccia tutti male.