Trump: nuove strategie di catastrofismo per nascondere il fallimento del sistema mediatico
A poche ore dall’esito elettorale favorevole a Trump, nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America, il mondo si chiede quali saranno gli orientamenti economici e le strategia territoriale in politica estera, dell’uomo più discusso, che sino a qualche giorno fa nessuno avrebbe scommesso un cent sulla sua vittoria. Non pochi sono gli scenari di catastrofismo, ipotizzanti stravolgimenti sociali e capovolgimenti di fronti in materia di politica estera. S’intravede un innalzamento della soglia dell’intolleranza razzista, con la revisione di alcune crociate belliche in giro per il mondo, peraltro auspicate, sostenute proprio da una politica d’intervento militare che, soprattutto in questi ultimi due decenni, ha reso sempre più antipatica questa nazione. Pochi hanno tenuto sott’occhio la reazione dei mercati finanziaria di questi ultimi due giorni, laddove pulsa il cuore sclerotizzato dei poteri forti a cui il progresso sociale, la democrazia e la solidarietà tra i popoli non importa nulla. I listini azionari, le valute, aldilà dell’iniziale isterismo nei confronti del peso messicano, hanno dimostrato ampiamente di non nutrire alcun timore sul futuro politico di Trump. In poche parole sarà un Presidente come gli altri, probabilmente un eccentrico chiacchierone (noi a suo tempo, ne abbiamo avuto un ottimo rappresentante) che alla fine sarà comunque costretto a governare in linea a quelle che saranno le direttive di strategia geopolitica convenienti alle solite lobbie, se non vuole essere spazzato via. Vedi Obama, ha promesso, ancor prima di Renzi, mare e monti ed alla fine del suo secondo mandato, il saldo contabile dell’attivo pare alquanto deludente.
Io mi preoccuperei solo di un eventuale ipotetico scenario di riavvicinamento economico e militare con la Russia.
Mi preoccupa in quanto queste due potenze, se messe in sintonia, potrebbero rivelarsi destabilizzanti per i mercati emergenti quali Cina, Brasile e Unione Europea che nella fattispecie, quest’ultima, sarebbe quella che più di tutti ne pagherebbe le conseguenze. Un riscaldamento affettivo dei rapporti tra USA e Russia condizionerebbe molto la ripresa economica dell’Europa, riducendo l’area d’influenza economica della Cina che non farebbe più paura come prima, anche se detentrice di una buona parte del mostruoso debito pubblico americano attestatosi al 31 dicembre 2015 a 19.200 miliardi di dollari, chiudendo l’anno con un deficit di quasi 450 miliardi.
Questo secondo me potrebbe essere l’unico nuovo palcoscenico su cui la globalizzazione, soprattutto quella parte di essa, non ancora integrata, potrebbe risultare un tantino preoccupante. E comunque trattasi di scenari che per potersi sviluppare hanno bisogno di tempo e di tanti accordi, sopra e sotto il banco, per cui non ci resta che stare a guardare.
La campagna elettorale di Trump è stata un grande bluff, una commedia ben interpretata dove la regìa, aveva intelligentemente capito come meglio influenzare l’elettorato, assegnando il ruolo di protagonista all’attore che per caratteristica personale si è saputo immediatamente calare nel ruolo.
Ecco perché Trump oggi altro non è che un bluff, un nuovo modo di fare campagna elettorale che intelligentemente e con scientificità ha saputo cavalcare i difetti che hanno generato una società delusa, impoverita e in particolar modo arrabbiata. L’esser stati legati alle convinzioni della tradizione elettorale, convinti che candidare una donna, finalmente, alla casa Bianca, sarebbe stato vincente, aldilà della sua riconosciuta antipatia, non ha permesso allo stuolo di sondaggisti di percepire che il vento stava cambiando e che la gente della prima donna alla Casa Bianca non gliene fregava niente.
E’ stato sconfitto un sistema radicato sull’immobilismo e sulla sua incapacità di capire quando si sbaglia. Tutto ciò però non avrà dei risvolti positivi per gli elettori americani, in quanto tutti costoro, adesso provvederanno a migliorare il tiro, mentre i vincitori che dovrebbero a rigor di logica dare una sonora spallata al passato, se ne guarderanno bene di cambiare le cose, in quanto verrebbero poi spazzati via, inesorabilmente, proprio da quelle lobbie che ci piaccia o no sono loro a decidere del nostro futuro, indipendentemente dalle promesse elettorali dei nostri beniamini politici. E poi noi italiani qui in Italia possiamo asserire, senza esser smentiti, di aver già sperimentato quanto anzidetto attraverso la miriade di promesse di Renzi, dalle quali scaturisce, dopo oltre due anni di governo, un paese immobile dove gli investimenti pubblici, erogati a pioggia solo per garantirsi un favore elettorale, sta seriamente minando il futuro di questo nostro paese.
Provocatoriamente concludo ricordando che ad Obama è stato assegnato il premio Nobel per la Pace, da me definito sulla parola non avendo riscontrato particolari meriti, e che pertanto sarebbe opportuno oggi assegnare tale premio anche a Trump, se non per aver fatto capire al mondo intero di quanto scellerata, inadeguata, impreparata e soggiogata sia stato il sistema dell’informazione. Scandaloso, riprovevole, preoccupante, che nessuno abbia capito dove stava andando il favore popolare americano. E tutto ciò oggi costituisce un precedente che le cancellerie e i partiti di tutta Europa non possono non tener conto.