Striscia di Gaza
Politica/Economia

Analisi di una guerra prevedibile

Prima di tutto desidero sottolineare che sarebbe opportuno riflettere sulla terminologia usata dai nostri mezzi di comunicazioni, che spesso o quasi sempre, lasciano intravedere il loro orientamento politico, a volte imbarazzante. Si scrive “terrorismo” ma si dovrebbe leggere “guerra”. Hamas  ha colpito Israele, distratto e dilaniato da una politica interna turbolenta, dove il suo primo ministro mi pare che non goda di tanto rispetto. Hamas è  un’organizzazione politica e paramilitare palestinese islamista, sunnita e fondamentalista di estrema destra, che non mi pare abbia mai dimostrato simpatia per Israele, essendo nata proprio in aperta ribellione all’occupazione dei territori palestinesi, quindi in guerra perenne contro Israele e ritenuti dei terroristi  solo da Stati Uniti e Europa, il resto del mondo No!  

Israele e Hamas non hanno mai, sottoscritto un accordo di pace e di non belligeranza. Quindi, non si tratta di un atto di terrorismo, bensì di una guerra a tutti gli effetti.

E’ stato un atto di guerra, esacrabile per la sua durezza, visto che non si è guardato in faccia a ragazzi, bambini e donne, che ha visto lo Stato d’Israele attaccato da centinaia di miliziani armati e organizzati di tutto punto, senza che il loro apparato di sicurezza, decantato come il migliore al mondo, non si sia accorto di nulla, subendo così uno smacco sulla loro credibilità di gigantesche proporzioni.  

Tutti pronti a condannare l’attacco, ma nessuno ha condannato la perfida ed arrogante  politica di oppressione e di spregio posta in essere proprio dal primo ministro Netanyahu, inquisito e malvisto per aver voluto modificare la costituzione, oltre ad una politica espansionistica non condivisa dalla sua gente. D’altronde la stampa interna israeliana, ancora libera, ha definito Netanyahu come colui che sta combattendo contro il popolo israeliano. Però non possiamo dimenticare che comunque costui, per quanto discutibile, è stato legittimamente eletto attraverso libere e democratiche elezioni. Quindi che è causa del suo male, pianga se stesso.

Sin qui il palcoscenico politico interno ad Israele, ma è importante capire come sia potuto accadere che un sistema di protezione delle frontiere, con il più sofisticato apparato di sicurezza al mondo, abbia potuto subire un simile smacco.

La mia personale opinione è che ci sia qualche analogia con quanto successo nel 2001 in USA con l’abbattimento delle Torri Gemelle, che dette  a Bush, un presidente che prima dell’attacco era sprofondato nell’indice di gradimento come mai nessun altro su collega, il la per portare avanti una guerra contro le armi di distruzioni di massa mai rinvenute, causando morti e distruzione in Iraq. Netanyahu   oggi si trova nelle stesse condizioni di Bush del 2001 e intravede un suo eventuale  riscatto, ponendo in essere una azione senza precedenti proprio nella Striscia di Gaza, previa una imbecille dimostrazione di forza che farà una strage. D’altronde oggi le Nazioni Unite pur condannando Hamas, ha invitato Israele ad essere cauto nelle sue azioni di forza, che già nel tempo passato è stato richiamato per la spropositata cattiveria.

Consentitemi una mia personale riflessioni sull’instabilità di tutta quest’area mediorientale. Aldilà della discutibile decisione di di var voluto creare lo Stato d’Israele in Palestina,  a scapito di altri popoli stanziali, si è guardato sempre di tutelare la sicurezza del popolo israeliano, dotandolo di quanto necessario per procedere ad un suo sviluppo economico, sociale e soprattutto bellico, trascurando, anzi mortificando giorno dopo giorno il popolo palestinese. Si è sempre osteggiata l’idea di creare al fianco di Israele uno stato libero e indipendente di Palestina. Rammento che il protocollo d’intesa approvato dalle Nazioni Unite nel 1948, prevedeva anche la creazione al fianco di Israele dello stato indipendente di Palestina.

Anzi al contrario, si sono chiusi gli occhi di fronte al continuo stillicidio di territori a favore di Israele, relegando i palestinesi ad uno stato di sottosviluppo economico e sociale, pensando, a torto, che le condizioni di miseria, avrebbero agevolato il compito di poterli meglio controllare. Ma hanno fatto male i conti, in quanto loro, i palestinesi,  non si sono mai arresi, anche perché sostenuti da altri paesi limitrofi, nemici di Israele.  Non possiamo dimenticare le rivolte in cui i militari israeliani sparavano contro coloro che rispondevano armati solo con delle pietre, e il mondo continuavo a girare lo sguardo altrove. Quello che a me fa rabbia è che un popolo come quello d’Israele, che tanto ha sofferto la maledetta persecuzione nazista, con oltre sei milioni di morti, sia poi passato ad essere lui additato come persecutore. Questo peraltro ha generato una forte contrarietà nel mondo, che nulla ha a che vedere con l’antisemitismo, perché si tratta solo di antipatia verso chi ha dimenticato cosa è il rispetto e la dignità di un popolo, cosa ben diversa.

Ritornando al nostro palcoscenico di guerra mediorientale, non possiamo trascurare la coincidente iniziale stanchezza di alcuni stati europei a sostenere la guerra in Ucraina e anche negli USA, nonostante il perseverante sostegno di Biden che gli costerà la Casa Bianca.

Cosa dire della crisi in Azerbajan e precisamente nel Nagorno Karabakh, dove gli azeri hanno avuto la meglio sugli armeni, con una Russia che è stata alla finestra a guardare. Questo sta comportando l’emigrazione di centinaia di migliaia di persone, che come è lecito pensare, molte di queste staranno già pensando ad azioni di rivalsa, che certamente non saranno di guerra dichiarata, ma di nuove forme di terrorismo le cui conseguenze sono sempre imprevedibili. Se a questo aggiungiamo la turbolenza in essere in non pochi stati africani quali Libia, Niger, Tunisia, Algeria e Corno d’Africa, nazioni che per certi versi stanno ribellandosi alle vecchie egemonia coloniali con Francia in testa. Tutti scenari turbolenti che stanno richiamando l’attenzione della Cina, guardando con simpatia la Russia.

Le aree belligeranti sono in crescita e richiedono una maggiore attenzione e impegno militare da parte dell’occidente in particolare, le cui risorse economiche e finanziarie cominciano a scarseggiare, vedi gli USA, oramai con un debito pubblico esplosivo, avendo superato i 32.000 miliardi di dollari.

Non pochi analisti e osservatori ritengono che gli USA non potranno continuare a lungo la loro presenza armata in giro per il mondo, altrimenti rischierebbero il default, cosa che a mio avviso sarebbe dovuta già avvenire e che solo le solite alchimie finanziarie ha evitato.

Ecco perché, secondo me, Hamas ha deciso adesso di far sentire la sua voce, sperando in questo momento di debolezza e di distrazione, consapevole che lo scotto che pagherà sarà altissimo, ad un intervento, come quello avvenuto a favore dell’Ucraina, da parte degli stati mediorientali, che è bene non dimenticare che quest’ultimi hanno il coltello dalla parte del manico, disponendo della percentuale più alta nel mondo della produzione del petrolio.

L’interconnessione economica e finanziaria avvenuta ad opera della globalizzazione, oggi potrà rappresentare un calmiere importante dell’instabilità nel mondo, in quanto gli interessi, soprattutto quelli più rilevanti, non sono appartenenti solo ad un determinato territorio, bensì in più aree, quindi, laddove si intervenga per proteggere qualcosa di perderanno interessi e patrimoni altrove. D’altronde sono sotto gli occhi di tutti gli ultimi resoconti finanziari che hanno evidenziato che le sanzioni poste in essere contro la Russia, a sostegno dell’Ucraina, alla fine si sono rivolte contro di noi,  al punto che la Russia nel 2023 incrementerà il suo PIL insieme agli USA, mentre a pagare le conseguenze economiche, finanziarie e sociali saremo noi europei e l’Italia in particolare. Attenzione, quanto anzidetto scaturisce non da una personale opinione o presa di posizione politica, bensì dall’esame di dati statistici ufficiali e riferibile a enti nazionali, sperando che siano attendibili, almeno quelli!