E’ in atto un premeditato e scientifico genocidio del pensiero democratico e culturale dell’umanità
Da un po’ di settimane l’attenzione finanziaria è ritornata ad accendere i riflettori sulla Grecia. S’impongono nuovi tagli alla spesa pubblica ellenica con specifico riferimento alle pensioni, oltre ad altri titoli di spesa che avranno come risvolto un ulteriore diminuzione dei servizi sociali, oramai tutti drammaticamente azzoppati da una scellerata cura dimagrante. Una cura che se inizialmente in parte necessaria, in virtù di una allegra gestione della finanza pubblica ellenica da parte dei governi che si sono succeduti, soprattutto a cavallo dell’ingresso dell’euro, si è poi trasformata in una vera tagliola sociale. Le fasce più deboli della popolazione stanno da anni pagando un prezzo diventato sempre più insostenibile. Molte aree, che prima della crisi erano esempio di prosperità economica, oggi sono diventati delle favelas.
La cosa più angosciante e mortificante è stata e continua ad essere l’indifferenza con cui il mondo ogni mattina s’affaccia sulla finestra di una Grecia deturpata, avvilita, mortificata e per certi aspetti offesa. Si è stata offesa la dignità di un popolo; è stato vilipeso il suo orgoglio, forse perché ancora oggi la sua bandiera rappresenta il faro di una democrazia e di una fonte di cultura che comincia a dare fastidio ai potenti della finanza. La cultura, il pensiero, sono le uniche armi che possono combattere e abbattere i poteri forti ed antidemocratici. Le lobbie lo sanno, ecco perché è in atto un macroscopico progetto universale di abbassamento del livello culturale dei popoli, attraverso l’imbarbarimento dei mezzi di comunicazione, che stanno, giorno dopo giorno, rimbecillendo il cervello della gente, una vera e propria narcosi collettiva. Un premeditato e scientifico genocidio del pensiero democratico e culturale dell’umanità.
La Grecia oggi rappresenta la cavia ideale di questo progetto di regresso culturale. Altrimenti non riusciamo a comprendere questo accanimento terapeutico nei suoi confronti. Cosa resa ancora più inverosimile dall’avanzata delle destre, del populismo. In merito a questa definizione di populismo, apro una parentesi. Al Populismo viene affibbiata una interpretazione di rabbia sociale, in senso dispregiativo, quasi come se coloro che vi aderiscono, altri non sono che i mentecatti della politica. Una presa di posizione di enormi masse di popolo, che sta sconquassando l’equilibrio di interi continenti, vedi gli USA con l’elezione di Trump ed il regno unito con la brexit e con uno scenario futuro di apocalisse europea, che potrebbe verificarsi laddove in Francia il populismo dovesse prevalere nelle prossime consultazioni elettorali di maggio.
Motivo per cui, riflettendoci su, ho l’impressione che gli stessi poteri forti delle lobbie stiano remando verso una ulteriore esasperazione del populismo, che se da una parte rappresentano quella parte id elettorato scontento, dimenticato, che ha pagato per intero il prezzo della crisi, dall’altra la loro vittoria, paradossalmente apre scenari di disordine sociale, consentendo ampi spazi a governi d’impostazione dittatoriale che certamente non favoriranno il progresso democratico e lo sviluppo sociale.
Altrimenti non capisco come nonostante le preoccupazioni incombenti su una Europa in bilico, dove forte è il vento del nazionalismo e del rifiuto della moneta unica, la troika continui a perseverare con le sue imposizioni di ulteriori tagli ad una spesa pubblica, quella ellenica, e non solo, che peraltro ha ampiamente e inequivocabilmente dimostrato quanto siano fallimentari queste politiche, peraltro elemento portante su cui oggi si basa e cresce proprio il populismo.
Si ha oramai la convinzione che il fallimento della classe politica non è più una prerogativa italiana o ellenica, ma investe tutto il mondo, visto la direzione che ha assunto in questi ultimi anni. E’ stata intrapresa la vecchia strada dell’individualismo, del protagonismo che unito ad una crescita esponenziale del nazionalismo, il tutto condito da una caduta dell’etica e della solidarietà, non potrà che comportare nuovi scenari di grande instabilità economica e probabilmente anche militare.
Di Pompeo Maritati