Grecia: un accanimento terapeutico della Troika il cui fine appare ancora oscuro
La crisi economica e finanziaria ellenica in questi ultimi dieci anni è entrata prepotentemente nella quotidianità delle nostre riflessioni per cercare di capire, non solo le cause che onestamente dovrebbero essere oramai chiarite, quanto ricercare i giusti rimedi nell’ambito di una economia globalizzata che non rispetta più le regole del libero mercato.
Si analizzano i dati statistici economici per comprendere l’evoluzione di una crisi che pare senza fine e dove non sempre gli stessi economisti intravedono soluzioni convergenti.
La mia personale opinione, aldilà dei macroscopici errori commessi dai governi ellenici precedenti, è quella che la crisi greca la si è affrontata dando assoluta precedenza alle alchimie finanziarie e alle ingordigie di alcuni governi europei, che per i loro trascorsi, avrebbero dovuto manifestare un maggiore senso di solidarietà. Si ha l’impressione che le soluzioni sinora attuate dalla Troika siano dettate più da uno spirito punitivo che con il serio intento di far ripartire l’economia ellenica. Le anomalie della formazione del debito pubblico ellenico non sono state affrontate in una ottica previsionale di crescita dell’economia. I drastici e repentini tagli non hanno prodotto un miglioramento sul fronte del debito pubblico in quanto hanno generato un processo deflattivo spaventoso portando la disoccupazione dall’8 al 25% e la riduzione del PIL di oltre un quarto. Questo quadro di negatività economica ha contribuito a peggiorare la credibilità finanziaria del sistema ellenico, per cui i debiti in scadenza venivano rinnovati con tassi d’interesse sempre più elevati, che a loro volta, generavano ulteriore deflazione. La Troika, se pur vero è che sin’ora ha elargito aiuti per oltre 240 miliardi, è anche vero che questi miliardi altri non sono stati che delle partite di giro, ovvero sono andati a ripagare tranche di debito ellenico in scadenza, onde evitare shock finanziari interni all’Europa in genere, in poche parole hanno solo pensato a tutelare ste stessi. Non solo, attraverso queste alchimie finanziarie è stato consentito in sordina di trasferire i crediti vantati nei confronti della Grecia, dal sistema finanziario/bancario a quello Pubblico. Faccio un esempio: l’Italia all’inizio della crisi era esposta nei confronti della Grecia per circa 2 mld di euro. Dopo dieci anni il credito vantato dal ministero del tesoro è passato a 40 mld. che ovviamente gravano direttamente sulla fiscalità dei cittadini.
La beffa di questa crisi, che non mi pare di aver letto ancora da nessuna parte a chiare lettere, è che è stata generata da governi ellenici scellerati, ma che ha consentito di realizzare grossi utili al sistema bancario europeo. Negli anni 90 e primi anni del 2000 banche tedesche e francesi in particolare, hanno creduto nel sistema economico produttivo ellenico e ovviamente nelle politiche governative interne, favorendo in modo inconsueto il credito al consumo e gli investimenti spesso con finalità clientelari. Un comportamento un po’ allegro nella gestione delle finanze di queste banche in territorio ellenico, caratterizzato dal perenne conflitto politico interno, le cui armi erano rappresentate dall’elargizioni di prebende a determinati settori ritenuti serbatoi elettorali, non curanti della lievitazione del debito pubblico e privato. Se il sistema bancario avesse fatto scrupolosamente il proprio mestiere tutto ciò, quanto meno, in buona parte si sarebbe evitato, ma già da allora era chiaro dove stava andando il potere della finanza, oramai consapevole che ogni suo errore sarebbe stato comunque pagato dalla collettività. Vedi quello che sta succedendo oggi nel nostro sistema bancario italiano, dove decine di miliardi in sofferenza hanno messo in ginocchio alcune banche e, senza batter ciglio, nel giro di una sola nottata di consultazioni, si sono reperite ingenti disponibilità finanziarie ad aiutare un sistema malato a scapito della socialità del paese.
Molti asseriscono che se la Grecia avesse la possibilità di uscire dall’Euro, ritornando alla dracma, potrebbe attraverso continue svalutazioni, riequilibrare un po’ le sue finanza. E’ per me solo un follia, una accelerazione del processo di completo sgretolamento finanziario. Ciò avrebbe sortito sicuramente un certo effetto se la Grecia non fosse entrata nell’euro, restandone fuori con la sua dracma. Il suo attuale fragilissimo sistema produttivo interno sarebbe travolto, non trovando più nessuno che volesse farle credito. Quello che, invece, dovrebbe fare oggi la Troika, è erogare prestiti non più esclusivamente finalizzati a ripagare vecchi debiti non onorati, peraltro appesantiti da interessi su interessi, ma indirizzati all’economia produttiva, pianificando interventi nei settori strategici, onde favorire la crescita economica e quindi del PIL, che a sua volta consentirebbe una maggiore credibilità nel mondo finanziario. Forse, un riavvio dell’economia ellenica, per qualche recondito strategico e insano motivo, non piace.
L’accanimento terapeutico in materia, da parte della Troika è stato più volte condannato per la sua severità e soprattutto per la inconsistente capacità di far ripartire l’economia greca. Per esempio pochi giorni fa è stata autorizzata un’altra tranche di 7,2 miliardi di aiuti i quali, per 6,8 mld andranno a ripagare debiti in scadenza, ovviamente gravati da interessi. Che il mondo della finanza sia un mondo arido, privo di sensibilità etica e sociale è risaputo, ma che 26 stati dell’Unione Europea, ancora oggi non sono stati in condizioni di porre in essere un piano strategico di vera solidarietà nei confronti, non del governo greco, ma del popolo greco, soffocato dagli insostenibili tagli che hanno colpito pesantemente le fasce più deboli della popolazione, la dice lunga su che cosa oggi poggia il potere.
di Pompeo Maritati