Giovani rampolli della politica
Politica

I nuovi rampolli della politica del XXI secolo

Cresciuti a tablet e cellulari i nuovi rampolli della politica fanno ingresso sul palcoscenico internazionale. Giovani appena trentenni, sono chiamati addirittura a guidare i dicasteri di grandi nazioni le cui politiche possono modificare la fisionomia economica e sociale di interi continenti.

Una scelta che trovo inappropriata in un mondo sempre più sofisticato, complesso e interconnesso, dove aldilà della necessaria conoscenza del ruolo da ricoprire, risulta determinante l’esperienza sul campo, il cosiddetto pelo sullo stomaco.

Trattasi di giovani rampanti, appartenenti quasi sempre a famiglie più che benestanti, che hanno loro consentito di studiare e di formarsi presso le più blasonate università, dove il costo della retta annuale non è mai al di sotto dei 50/60.000 dollari.

Quindi, abbiamo che la conoscenza e il potere legato a questa funzione, si propaga e si trasmette per discendenza dorata. Un potere che con il tempo si accentra e si concentra tra i loro pochi possessori al mondo.

 L’esperienza è una fonte fondamentale di conoscenza, che ci permette di apprendere da ciò che facciamo e da ciò che osserviamo. La conoscenza, a sua volta, ci dà la capacità di affrontare le problematiche che incontriamo nella nostra vita professionale e personale, trovando soluzioni efficaci e creative.

Il pensare di affidare ruoli strategicamente rilevanti per il benessere di una intera nazione a degli infanti prodigio, ritengo questa una nuova devianza di questa società che non perde occasione per dimostrarne il suo degrado. Oramai l’esperienza maturata in decenni di lavoro non contano più nulla. Largo ai giovani. Ma a che costo? Ci si rende conto che ai giovani deve essere fatto il giusto spazio per consentire loro di accedere alla migliore formazione e il saper contare sino a 1000, non debba essere ritenuta una prerogativa idonea per governare un paese.

C’è poco da fare, l’imbecillità diffusasi nel XXI secolo pare non abbia precedenti nella storia dell’uomo, fatta eccezione per chi nominò ministro il suo cavallo preferito. Qui mi pare che le differenze si assottigliano e la cosa più degradante è constatare come i rapporti di politica internazionale stiano scivolando sempre più verso la più facile delle soluzione: farsi la guerra. La diplomazia langue perché oramai anch’essa incapace, risultato di ruoli probabilmente non idoneamente coperti da soggetti adeguatamente preparati.

E’ la politica in generale che sta mostrando, senza ombra di dubbio, tutta la sua approssimazione. Politicanti presi dalla strada, ovvero dai viottoli delle correnti del potere dominanti, solo perché compiacenti, e non perché valide pedine da mettere sul tavolo da gioco della politica.

Trattasi di un sistema che a mio parere si sta avvicinando velocemente ad un collasso generazionale, dove il male minore sarebbe quello di auspicarsi una veloce rivoluzione e cambiamento del sistema. Il problema sta proprio nell’individuare quale potrebbe essere il nuovo sistema, perché in questa fase, certamente i primi rimedi si riveleranno peggiori dei mali.

Questo riconoscimento del potere a soggetti così giovani e inesperti, si ritorcerà loro contro, soprattutto generando irritazione e, peggio ancora ostruzione, proprio da coloro che, avendo invece maturato solide esperienze professionali, si vedono scavalcare da poppanti viziati, la cui unica esperienza è stata quella di vivere in un mondo diverso, irreale, dove fame, povertà, malattie, disoccupazione, carestie ecc. sono solo delle parole usate da soggetti vocati al pessimismo.

No, non è invidia, perché non si può avere invidia che un giovane di trent’anni diventi primo ministro, ma solo commiserazione.