Perché non sono d’accordo con la suprema Corte in materia di legge elettorale
Comincerei dalla riletture dell’articolo 48 della Costituzione, che così recita: “il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”.
La libertà ed uguaglianza del voto non mi pare trovi spazio applicativo nel confermare i capilista bloccati e le candidature plurime, dove sarà, per quest’ultime, un sorteggio a stabilire dove assegnare il seggio. Se il voto è uguale, vorrà dire che tutti hanno uguale peso e il conteggio democratico del numero di questi, sarà l’unico “legale” strumento per assegnare un seggio parlamentare e non invece assegnato attraverso un diritto privatistico soggettivo dei capi bastone dei partiti. Lo stesso dicasi per le pluri-candidature, dove il mio voto verrà usufruito da un candidato diverso, forse a me guarda caso antipatico, a cui non avrei mai dato il mio voto.
Alla luce di queste semplici e se vogliamo banali riflessioni su quanto previsto dall’art. 48 della Costituzione, mi chiedo, perché la suprema corte ha ritenuto mantenere in piedi questi due aspetti che io ritengo rappresentare solo delle storture non adeguate ad un sistema democratico? Mentre ho in un certo qual modo intravisto una certa giustificazione (anche se poi è parsa più una sottile interpretazione di lana caprina) l’abolizione del ballottaggio, per il resto nutro qualche sincero dubbio.
Una ulteriore perplesità su cui si potrebbero scrivere fiumi d’inchiostro, resta quello di aver respinto la richiesta di referendum sull’articolo 18. In merito è stato addotto l’escamotage che la formulazione della richiesta di referendum era errata in quanto prevedeva una nuova formulazione dell’art.18. Mi chiedo perché non ha respinto la nuova eventuale ipotizzata riformulazione, approvando però la legittima richiesta referendaria in materia? Per analogia applicativa, avrebbero potuto, come hanno fatto con il ballottaggio, ritenere superflua la formulazione della richiesta referendaria, approvando però quello che oltre milioni di firme chiedevano, ovvero la reintroduzione dell’art. 18.
Alla fine della giostra di tutti questi voli pindarici, nell’ambito di un sistema giudiziario già particolarmente complesso e difficile, si ha la sensazione che mi auguro sia sbagliata, che in queste ultime due circostanze la corte costituzionale abbia emesso delle sentenze con una buona dose di politichese.