Timori italiani: debito pubblico, sistema stato sconquassato, degrado etico e all’orizzonte una patrimoniale?
La pandemia non ha causato solo decine di migliaia di vittime umane, ha sferrato una brutta randellata alle economie degli stati più colpiti.
Il fermo obbligatorio delle attività economiche e produttive, fatta eccezione per quelle di prima necessità, ha innescato un processo di degrado economico che solo per il sistema Italia potrà essere valutato in non meno di 250 miliardi. Ma il problema non è solo quello del danno emergente immediato, quanto questo si ripercuoterà sugli anni futuri.
Quanto detto prima avrà un peso sempre più notevole, quanto più gli stati interessati dalla pandemia, risultano indebitati. Il nostro debito pubblico al 31 marzo 2020 era sceso a quota 2.431 miliardi di euro rispetto ai circa 2.447 miliardi del mese precedente. Il massimo storico resta quello registrato a luglio 2019 (2.467 miliardi di euro). A fine 2019 il debito pubblico italiano era pari a poco meno di 2.410 miliardi. Trattasi del terzo debito pubblico più elevato nel mondo, dopo USA e Giappone. Solo che quello che ci differenzia da questi stati, è la struttura economica produttiva, quella che crea la ricchezza, che da noi è alquanto critica se non a livello oramai di forte preoccupazione.
Le politiche sociali ed economiche, ovvero gli investimenti atti a far crescere il PIL, in questi ultimi decenni sono state disastrose. Non penso si faccia un torto a nessuno asserire che siano state sviluppate più nell’interesse delle multinazionali che delle piccole e media imprese, che in Italia rappresentano il vero tessuto connettivo economico. Si è governato più nell’interesse di coloro che hanno sostenuto dall’esterno la corrente politica che ha poi riscaldato la poltrona di Palazzo Chigi, a scapito di una reale crescita economica, sociale e culturale. Se facciamo una semplice riflessione sulla crescita economica dei 28 stati dell’Unione Europea, rileveremo senza ombra di dubbio, che i dati relativi ai processi economici produttivi italiani risultano da tempo, attestarsi in fondo alla classifica. Basta analizzare l’andamento del PIL di questi ultimi 30 anni, in riferimento al costante incremento del debito pubblico, a cui non ha avuto quale logico riscontro un incremento qualitativo e quantitativo dei servizi pubblici, per renderci conto che il quadro odierno è alquanto denso di dubbi e preoccupazioni serie. Se a questo aggiungiamo disoccupazione, precariato, lavoro nero e un continuo aumento delle famiglie che non riescono veramente ad arrivare a fine mese, il tutto privo di un idoneo ed efficace welfare, ci renderemo conto che il futuro ci potrebbe riservarci degli infausti scenari. Gli imbecilli, coloro che hanno generato questo stato di disastro, dicono che la colpa dell’Europa. Si, forse in parte è vero, perché questi imbecilli che ci hanno governato, dov’erano quando l’Europa deliberava trattati che non sempre ci hanno favorito? Non dimentichiamo che i trattati fondamentali devono essere approvati all’unanimità. Se per decenni abbiamo mandato nel Consiglio d’Europa, le mezze calzette, i trombati della politica italiani ai quali bisognava garantire una poltrona, questi sono i risultati.
Pertanto, come abbiamo avuto modo di constatare, il problema non è il debito pubblico, ma tutto il contesto in cui ruotano le dinamiche economiche e soprattutto l’assenza di capacità strutturali, ambientali ed etiche, che possano far sperare ad una ripresa. Citare per inadeguatezza la nostra classe dirigente, penso non si debba offendere nessuno. La riprova l’abbiamo avuta nella disorganizzata gestione della pandemia, dove settori pubblici non si sono parlati, non si sono capiti, anzi spesso sono entrati in conflitto al punto che questo fenomeno è stato anche ripreso dalla stampa internazionale, meravigliata che in un momento in cui tutti avrebbero dovuto far quadrato, invece i conflitti si sono ancora di più inaspriti.
Sotto il profilo dei conti pubblici e del processo produttivo del paese i presagi di non pochi analisti sono tutti rivolti al brutto. L’Europa sembra procedere in ordine sparso, facendo ancora una volta affiorare egoismi e rancori, sono previsti sulla carta varie decine di miliardi a fondo perduto, peraltro fortemente osteggiati dall’Olanda, ma che serviranno solo per una boccata d’ossigeno, dovendo far ricorsi ad ulteriori aiuti, ovviamente sotto forma di prestiti, ovvero risorse che andranno ad incrementare ancora di più il debito pubblico che viene previsto, addirittura, superare il 200% del PIL.
Sarà questo, senza voler generare panico o preoccupazioni ulteriori, un punto di non ritorno. Cioè non saremo mai in condizioni di rientrare del debito accumulato, con il rischio drammatico che se nel contempo non saranno poste in essere adeguate politiche d’investimento, ben mirate a favorire la crescita economiche, ci troveremo ben presto a non poter nemmeno onorare il pagamento degli interessi.
O l’Europa decide di congelare a vita non meno del 30% del debito pubblico dei vari stati, cosa che troverà (giustamente) una forte opposizioni dai mercati finanziari extraeuropei, oppure si dovrà procedere a porre in essere quello che da tempo sarebbe dovuto avvenire: applicare il comportamento del buon padre di famiglia.
Una famiglia che per errori o per disavventura si trovi in difficoltà economiche, il buon padre invita i componenti della famiglia a porre in essere comportamenti che non implichino sperpero di risorse, destinando le poche disponibili ad aspetti di vera rilevanza, e poi la suppostina, che questa volta farà un po’ male: chiedere di rompere i salvadanai, raccogliere i risparmi accumulati e con questi cominciare a far fronte ai debiti.
Avete capito bene, non c’è altra strada se non quella di toccare, rastrellare, togliere, chiamatelo come volete, ma penso che ben presto gli italiani saranno chiamati a far fronte ad una colossale patrimoniale. Certo sarà una ulteriore beffa per il ceto medio, che si vedrà particolarmente penalizzato, non certo per colpa propria, visto che è questo che ha sempre tirato la carretta del paese, mentre grandi gruppi ne hanno approfittato e proprio questi saranno quelli che, grazie a leggi ad personam, se la caveranno. Ci sarà la rivoluzione, direte. Tranquilli, non ci sarò alcuna rivoluzione, gli italiani ancora una volta se la prenderanno in saccoccia, ci sarò la solita guerra tra poveri, e la solita classe politica e dirigente del paese che continuerà a governare le macerie, con l’unica nota positiva che non potranno far male più di così.
Comprendo che l’argomento non è allegro, soprattutto quando si vanno a toccare i risparmi di una vita di lavoro e non invece frutto di speculazioni finanziarie o favoritismi di cordate. Ma non esiste via d’uscita. Non date retta ai grandi tromboni dell’economia, forse il più delle volte al soldo di qualcuno, qui si tratta di soldi. I soldi sino a prova contraria hanno sempre un proprietario, il quale se non verrà folgorato sulla strada di Damasco, farà sempre il possibile e anche l’impossibile per tutelarseli e per farli crescere. Quindi pensate che, ci saranno soggetti disponibili a rinunciare ai propri crediti per favorire uno stato come il nostro che agli occhi del mondo intero viene additato quel uno degli stati più corrotti? Quindi se fate le vostre oneste e sincere riflessioni, vedrete che ulteriori vie d’uscita non ce ne sono.
E’ al momento percorribile solo una strada, lunga tutta in salita, rappresentata da un nuovo processo di acculturamento del paese, che rimetta le cose a posto, dando spazio all’onestà di intenti e alla meritocrazia, cominciando a ragionare in termini di collettività nazionale e non di lobbie. Non si sono altre vie d’uscita, è l’unica via percorribile, certamente non facile e densa d’insidie, ma se cominciamo a fare il primo passo, allora si che gli scenari saranno catastrofici peggiori di quelli visti in Grecia.
Il problema come detto poc’anzi è squisitamente culturale. Se dopo trent’anni di corruzione e clientelismo, lo stato etico di questo paese è sempre più drammatico e il popolo, la gente in generale, non riesce a riprendere le redini per chiedere più onestà d’intenti, pur constando il putridume che lo circonda e che soprattutto lo penalizza, allora calzerà a pieno il solito proverbio di turno: chi è causa del suo male pianga se stesso. FACCIAMO GLI AUGURI ALLA NUOVA RIVISTA CULTURALE IL PENSIERO MEDITERRANEO