Corsa al Quirinale
Politica

Finalmente i nodi sono arrivati al pettine di Draghi

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 Finalmente i nodi sono arrivati al pettine di Draghi, che comincia a non godere della sudditanza dei capibastone dei partiti dell’ipocrita coalizione di Unità Nazionale.

Non per tirare acqua al mio mulino, ma se andaste a leggere quello che ho scritto non pochi  mesi fa, pare che la profezia si stia avverando. Dissi a chiare lettere che per Draghi è stato un grave errore entrare nella tenzone di una politica litigiosa e soprattutto costituita da mezze calzette. Avrebbe dovuto starsene nel suo angolino e attendere le votazioni per la Presidenza della Repubblica. Non per offendere nessuno, ma Draghi è stato proprio un grande ingenuo. Un uomo di così elevata statura economica monetaria, rispettato in tutto il mondo per la sua capacità nella direzione della Banca Centrale Europea si è fatto prendere in giro da Mattarella prima, e dalla stessa Europa, nell’accettare la conduzione del governo in febbraio scorso.

In questi dieci mesi la sudditanza dei partiti a Draghi è stata indecorosa. Hanno approvato e fatto tutto quello che con il precedente governo avevano osteggiato. Penso che tanta bassezza politica non è stata mai riscontrata nella storia della nostra repubblica. Da parte sua Draghi, non è stato di meno governando, cercando la quadra tra tutti i partiti di coalizione nazionale, esclusi i Fratelli d’Italia, cercando di tenerseli tutti buoni, in quanto poi avrebbero ricambiato, favorendone l’elezione alla Presidenza della Repubblica.

Adesso che ci si avvicina a votare per lo scranno più alto del Paese, ognuno vuole la sua parte. Ogni partito vuol metterci il cappello e il centro destra, a volte unito e a volte disunito, spinge la vergognosa e ignobile candidatura di Berlusconi, mentre il centro sinistra sempre più ambiguo, senza una vera leadership, arranca attaccandosi  alla gonnella di Mattarella prima e di  Draghi poi.

Non pochi vorrebbero che Draghi proseguisse l’azione di governo sino alla sua naturale scadenza, ovvero il 2023. Altri lo vorrebbero al Quirinale e altri, lo vorrebbero fuori dalle balle. Ipotizzare oggi cosa succederà alla fine di questo mese è alquanto arduo. L’irresponsabilità politica dei partiti, che a quanto pare degli interessi del paese non importa niente, altrimenti si siederebbero intorno ad un tavolo per ricercare un soggetto veramente di alto profilo etico e soprattutto un super partes, è un elemento di preoccupante instabilità.

Per fortuna che alcune istituzioni internazionali della finanza stanno intervenendo a gamba tesa per ricordare che l’imbecillità politica si paga poi a cari soldoni e che un Draghi al colle, verrebbe visto come un disastro governativo con gravi ripercussioni economiche. Oramai è fuori da ogni dubbio il fatto che i grandi poteri della finanza e la stessa Europa parteggia apertamente a favore di un Draghi che continui a fare il Presidente del Consiglio. Lunedì prossimo, finalmente, Draghi si degnerà di parlare ai suoi sudditi e gli scenari possibili, secondo il mio avviso, sono solo due: il primo quello di abbandonare il desiderio accarezzato da tempo di andare al colle, il secondo, quello di sentirsi bugerato dalla politica italiana e abbandonare capre e cavoli. A onor del vero la seconda ipotesi sarebbe quella che la politica si meriterebbe, ma sarebbe nel contempo una sonora sconfitta etica e professionale per l’attuale premier e il baratro per l’Italia