Ingresso al paradiso
Favole

Una favola: Quando le anime del Paradiso chiesero di essere trasferite all’Inferno

Di Pompeo Maritati

Ieri  ero seduto  al bar con degli amici con i quali ci eravamo dati appuntamento per parlare di alcuni iniziative a sfondo culturale, quando involontariamente prima e curiosamente dopo, distraendomi,  ho avuto modo di ascoltare, o forse sarebbe meglio dire origliare,  il quanto mai stravagante e per certi versi  strabiliante discorso di due signori che erano seduti alle mie spalle.

La prima sensazione fu di sbalordimento, pian piano trasformatosi in perplessità in quanto voltatomi per un attimo,  ho avuto modi di constatare che i due soggetti,  assorti in questo discorso,  non sembravano come si suol dire dalle mie parti “fuori di testa”.

Sbigottimento e incredulità si trasformarono in un bramoso desiderio di andare a fondo a quella che sembrava essere, per le modalità e per le  convinzioni  espresse, una  loro verità.  Tanta era la mia curiosità che spostai la mia sedia proprio a ridosso di quella di Alfredo, per ascoltare meglio, anche perché tra i vari miei difetti,  uno è rappresentato da un piccolo deficit uditivo. Ecco quanto ho avuto modi di ascoltare.

«Alfredo,  lo  sai che alcune anime del Paradiso hanno chiesto di essere trasferite all’Inferno

«Ma che dici Giuseppe, è possibile che non perdi mai il vizio di raccontare frottole?»

«Non ci credi? A me l’ha detto mio zio Antonio.»

«Tuo zio Antonio?  Ma non è morto due o tre mesi fa?»

«Si proprio lui, quello che tu dicevi che ti era simpatico, che spesso ci regalava i biglietti per andare a teatro, essendo per lui il teatro il migliore palcoscenico formativo per i giovani.»

«Oggi  hai fatto voto alla madonna per prendermi in giro? Dai cambiamo argomento che peraltro pensare a tuo zio Antonio mi fa tristezza anche perché tu sai che mi ero affezionato anch’io.  Lasciamo stare e dimmi invece se Francesca questa sera vorrà venire a cena a casa di Sandro, che ha organizzato una cenetta tra gli amici più intimi per festeggiare il suo decimo anniversario di matrimonio?».  

 «Alfredo,  guarda che sono serio, anche se la cosa può sembrare un po’ fantasiosa,  ha un concreto fondamento di verità. Probabilmente tu non ne puoi essere al corrente in quanto tutti i tuoi familiari saranno andati in massa all’Inferno,  fatta eccezione per la buon’ anima di tua madre,  che penso si trovi nel Purgatorio

«Ha parlato il porta voce della famiglia di Suor Teresa di Calcutta! Ma va a cagare.  Credimi,  mi preoccupo per te, non capisco da  dove ti vengono in testa queste corbellerie, d’accordo che eri affezionato a tuo zio,  ma questo non mi pare affetto,  è pura demenza,  è uscire fuori di senno.»   

«Tu sai, caro Alfredo, che due mesi fa zio Antonio è morto e  quanto io ero affezionato a lui. Per me lui era il mio punto di riferimento. Quando avevo qualcosa che non andava bene e sentivo il bisogno di una parola di conforto, lui era sempre presente e disponibile, cosa che non facevo quasi mai con mio padre. Sarà stato per il profondo dolore che provavo in quei giorni che per ben cinque notti di seguito mi è venuto in sogno. Dovevi vederlo, allegro, sorridente, non aveva più quel colorito pallido dovuto alla sua lunga malattia.  Sedutosi sulla sua poltrona preferita ha iniziato a descrivermi il posto in cui si trovava.  Mi confermò che in effetti il Paradiso, il Purgatorio e l’Inferno esistono davvero e che lui per effetto di una nuova disposizione normativa che declassava alcuni tipi di peccato, prima puniti più severamente, era riuscito, per il rotto della cuffia ad entrare in Paradiso. La cosa che l’aveva colpito più di tutto, d’altronde negli ultimi mesi della sua vita aveva sofferto non poco, il fatto di sentirsi in forma. Mi sento un leone, diceva e la tristezza, il dolore, sembravano essere svaniti. Tutto è più luminoso in Paradiso, i colori sono molto più vivaci e l’aria sembra delicatamente profumata.  Si stupì solo per non aver ancora incontrato nessuno dei nostri parenti deceduti. La gente intorno, peraltro sorridente e gioiosa era a lui sconosciuta. Era alla ricerca spasmodica di Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi, poeti da lui tanto amati ma non intravide nessuno di loro ne tanto meno altri uomini illustri, quali Giuseppe Garibaldi che avrebbe invece voluto sputare in un occhio.  Era meravigliato ed estasiato per la bellezza del luogo, però io intravidi nel suo modo di esprimersi una certa velata delusione. Trovai strano che in Paradiso si potesse provare un sentimento di delusione.  Ebbi anche il sospetto, poi fortunatamente fugato, che non si trovasse in paradiso e che mi stesse nascondendo la verità.  Comunque la sua delusione scaturiva dal fatto di sentirsi solo, non aveva ancora trovato un suo amico,  un suo parente. Questo avvenne per ben cinque notti di seguito ed al mio risveglio non ti nego che la tristezza di sapere che in effetti lui non c’era più qui con noi  aumentava esponenzialmente.»

«Va bene per i tuoi sogni, ma che c’entra con il fatto che addirittura le anime del Paradiso facciano domanda di essere trasferite al Purgatorio se non addirittura all’Inferno? Non ti pare che stai un po’ esagerando, ma che ti sei mangiato a pranzo?»

«Alfredo,  fammi finire di raccontarti questi sogni e poi forse mi potrai aiutare a capire. Una cosa è certa, questi sogni non devono essere venuti a caso, ho il presentimento che abbiano a che fare con qualcosa di reale, di vero,  qualcosa che la nostra razionalità si rifiuta di credere. Quindi,  come ti dicevo lo zio Antonio dopo i soliti convenevoli mi descriveva dettagliatamente il Paradiso.  Per certi versi mi sembrava di capire che sotto sotto, aldilà della celestialità del luogo,  il trascorrere della vita o del tempo somigli pressa a poco come qui sulla terra.  Sfatò il fatto che ci fossero anime con l’aureola o angeli con le ali. Tutti apparivano come normali persone, come quelle che abitualmente incontri per strada.  Sottolineò  meravigliato che tutti scorazzavano a piedi, non c’erano automobili o qualsiasi altro mezzo di locomozione, ne tanto meno volteggiavano nel vuoto come spesso raffigurato in tanti dipinti sacri. Vi erano degli enormi edifici, che pur somigliando ai nostri palazzi si riusciva dal di fuori a vedere che cosa c’era dentro. Erano tutti pieni di persone o meglio di anime che ordinatamente svolgevano ognuna un compito. Si proprio così, pare che in Paradiso le anime non vagabondano volteggiando pigramente nell’aria. Lì tutti lavorano, hanno un preciso compito in quanto anche il paradiso pare sia una macchina burocratica, probabilmente meglio organizzata e funzionale di quella terrena, ma pur sempre una macchina burocratica resta. Così l’ha definita zio Antonio.  Lui al momento pare stesse godendo di un periodo di adattamento in attesa che li venisse assegnato un ruolo.  Al suo ingresso in Paradiso non fu ricevuto da San Pietro ne da nessun santo. Essendo passato a miglior vita di domenica, giorno festivo, pare che in paradiso tutto si fermi e che i ruoli istituzionali vengano ricoperti da sostituti generalmente anime qualunque scelte a caso. Per cui zio Antonio dopo cinque giorni di permanenza non aveva ancora incontrato San Pietro,  e quello che li sembrò più strano è stato che nessuno fece cenno o gli parlò del padrone del luogo ovvero di Dio. Lui più di qualche volta chiese lumi in merito ma i suoi interlocutori voltavano le spalle e lo lasciavano con un palmo di naso. In poche parole non riusciva a capire che cosa stesse succedendo mettendo più volte in dubbio che si trovasse in Paradiso.»

»Giuseppe, Giuseppe, ma per favore lascia stare, cambia argomento, con tutti i problemi che ho per la testa oggi, del tuo sogno non ho proprio voglia di saperne nulla. La mia azienda è sull’orlo del fallimento, i sindacati oramai disperati non sanno più che cosa fare e quindi puoi immaginare in che stato ‘animo mi trovo.  Meno male che Giulia ha il suo posto nell’apparato pubblico e nel caso di chiusura della mia azienda pane e latte non ci mancheranno. Quindi fammi il piacere cambia storiella.»

«Alfredo comprendo il tuo stato d’animo, ma credimi, non riesco a staccare il pensiero da questi sogni. Addirittura non vedo l’ora che arrivi la sera per andare a letto e sognare lo zio Antonio. Quello che è straordinario è come se mi trovassi anch’io con lui. Mi sembra di percepire uno stato d’animo mai provato, una leggerezza e una tranquillità mentale mai provata. Ho  paura che questi sogni cessino e che mi resti solo tanta tristezza.»

«Io penso che tu non stai bene. Mi sa che hai bisogno di farti vedere. Queste tue ossessioni mi preoccupano. Capisco il tuo grande affetto per lo zio Antonio, ma non ti pare che stai esagerando e troppo pure? Guarda che tutto ciò io lo trovo strano, sicuramente non appartenente ad una persona che sta bene. Datti una regolata, non mi pare tutto ciò una cosa normale.»

«Alfredo, capisco che tutto ciò ti apparirà strano e che possa far nascere dubbi sul mio equilibrio mentale ma credimi anch’io sto riflettendo e tanto su questa situazione. Ma non so perché, ho la sensazione, anzi la certezza che in questi sogni ci sia qualche fondamento di verità, qualcosa che lo zio Antonio mi vuol dire, qualcosa che forse sino ad ora non ho capito.  Se pur vero è che un insano di mente si sente sempre il più normale di tutti gli altri è anche vero che io mi sento più che normale. Ne parlo con te perché ti ritengo oltre che il mio più caro amico, anche una persona capace di capirmi e soprattutto con cui poter discutere costruttivamente, perciò ti prego lascia stare le battute e se puoi cerca di capirmi e aiutami a venir fuori da questo che pare un vicolo cieco.»

«Scusami Giuseppe, ma anche tu cerca di capire che il mio stato d’animo in questi giorni non è molto su e a volte mi rendo conto di rispondere male, ma tu, a volte, te le vai proprio cercando. Come puoi pretendere che possa stare dietro a dei sogni. Dimmi se nutrire il dubbio, che tu non stia bene non sia più che fondato. Non sono battute le mie. Cerca di capire che sentirsi parlare di un eventuale Paradiso dove addirittura i suoi ospiti stanno facendo domanda di essere trasferiti all’Inferno, viene spontaneo mandare a quel paese il proprio interlocutore.»     

«Mannaggia, vorrei tanto che ci fosse una eventuale possibilità per portarti con me, almeno per una sola notte, in modo che tu possa capire cosa sto provando adesso, dopo aver provato quelle strane sensazioni oniriche.”

“Mi sa, caro Giuseppe, che se continui così chiamo il 118 e ti faccio portare via,  mi stai veramente facendo preoccupare? Non avrei mai immaginato che tu potessi scadere in questo stato d’animo così strano, proprio tu che per noi sei stato sempre un esempio di razionalità esasperata. Quante volte hai bistrattato religioni ed affini. Quante volte hai mandato a quel paese tutti quelli che vanno in chiesa e che si ritengono credenti. Adesso mi vieni a parlare di Paradiso, d’Inferno?»

«Giuseppe guarda che la religione non c’entra, è proprio questo che mi sta turbando. Come ti avevo detto nei sogni lo zio Antonio mi ha sottolineato il fatto di non aver visto nessun santo, nessun segno della presenza del credo cristiano o quanto meno di qualche altra religione. E’ questo quello che mi fa riflettere, come se lassù, o laggiù,  o dove cavolo sta sto Paradiso, pare si tratti di una dimensione che se pur riconducibile all’Inferno, al Purgatorio e al Paradiso, non ha alcun riferimento religioso. Come se si trattassero di tre aree distinte e separate, quasi fossero delle aree territoriali materiali, gestite in forma burocratica, come dei veri e propri uffici con tanti addetti. Ed è proprio per questo che le anime in Paradiso stanno manifestando la loro contrarietà.  Dato che in Paradiso ci vanno sempre più poche anime, ed essendo questo organizzato in forma burocratica, non disponendo  delle anime necessarie a fronteggiare le esigenze organizzative, è costretto a far lavorare sempre di più le anime addette. Dicono che, così mi è parso di capire, che in questi ultimi decenni il 96-97% delle anime vanno dritte All’Inferno, un 1%  al Purgatorio ed il resto in Paradiso.  Cosicchè queste ultime,  stanche di lavorare 16 ore su 24, hanno manifestato la volontà di andare all’Inferno. Lì pare che essendoci affollamento, l’orario di lavoro è molto ridotto. Anche se a quanto pare le condizioni di permanenza non sono proprio così belle come nel Paradiso,  le anime preferiscano comunque l’Inferno.  E’ qui che si sofferma la mia riflessione. Queste anime sono diventate così indifferenti verso la magnificenza del paradiso perché oramai abituate alla vita terrena, ad un sistema materialistico, motivo per cui, essendo vissute nella miseria spirituale, una volta passate a miglior vita, portano  con se l’impostazione terrena.»

«Senti Alfredo, la riflessione spontanea che sto facendo è che ti sei bevuto il cervello. Qualcosa non quadra in te. Stai psicanalizzando un ipotetico sogno? OK,  vogliamo perdere  un attimo per valutare questa parte del tuo sogno? Va bene,  ma non ne facciamone un dilemma, è una stronzata e basta. Adesso ipotizzi che le anime abbiano addirittura una loro struttura sindacale dove possono scioperare o chiedere trasferimenti.  Ma ti rendi conto che secondo te, l’aldilà altro non sarebbe che una fotocopia organizzativa e burocratica di quella terrena, dove ogni anima ha il suo compito, o meglio il suo lavoro? Chi sa se a loro daranno le ferie e la tredicesima e chi sa se dopo qualche decina di millenni di lavoro non venga riconosciuta loro la pensione. Ma dai, per favore, che cavolo stai farneticando.  Per me non esiste alcun aldilà. La vita è qui, al di qua del tuo aldilà.  Dopo la morte l’unica certezza è che diventando polvere andremo a confonderci di nuovo con quel cosmo che si trasforma e di cui non vi è nessuna certezza di una eventuale dimensione spirituale, dove le nostre anime possano sopravvivere. E poi dico una cosa che a me darebbe molto fastidio: è proprio il fatto di pensare che dopo una vita di lavoro, di burocrazia e di sindacati,  debba ipotizzare di andare a vivere la mia eternità in un sistema similare a questo. Per favore basta, io già dato e sono stanco,  e pensare che l’aldilà possa essere quello che tu ipotizzi, mi far già star male. Vedi se puoi approfondire nel tuo prossimo sogno se c’è anche qualcosa di diverso,  in modo che tu m’informassi in tempo, così che possa fare già da adesso domanda di assegnazione a qualcosa che non sia quello che tu mi hai descritto.»

«E’ la tua una riflessione materialistica basata solo sull’opportunità  di veder realizzato un benessere basato solo sul materialismo, trascurando tutto quello che potrebbe darci serenità e tranquillità dell’anima e che non appartiene al materialismo della nostra società. Saper godere di una bella giornata di sole, apprezzare e godere la carezza di un sole caldo,  o del viso sorridente di un bambino e che dire del gioire nel constatare di avere dei veri e sinceri affetti. Sono queste le cose che fanno la differenza e che ti fanno vedere sognare un cielo stellato, un bagnasciuga illuminato dai soli raggi argentati della luna e ascoltare  una dolce melodia, che in lontananza, in punta di piede, colora di speranze il tuo presente, è questo il Paradiso.»

Nell’ascoltare questa discussione sono stato pervaso da due profondi sentimenti. Inizialmente quello dello scetticismo, come dar retta ad un soggetto strano che crede nel fatto che le anime del paradiso facciano la fila per andare all’Inferno. Poi quello dello stupore,  perché Giuseppe, saltando in groppa ai sogni di un aldilà discutibile, inverosimile, fantastico, trova il suo Paradiso proprio sulla terra, godendo o meglio sapendo apprezzare quanto sia meravigliosamente romantico  un cielo stellato, un gioioso volto di bambino, una spiaggia unicamente illuminata da una luna argentata.  Ecco, Giuseppe ha scoperto attraverso i suoi sogni e sta indicando a tutti noi che il Paradiso non è aldilà, bensì è al di qua. 

Grazie Giuseppe.