Renzi: arroganza e pugno di ferro per nascondere il fallimento politico
E’ iniziata già da qualche mese la discesa del gradimento popolare alle politiche renziane. L’euforia, poi trasformatasi in arroganza, riveniente dal 41% di favore elettorale, riscosso alle precedenti elezioni europee, è stata mal gestita in questi ultimi tempi.
A onor del vero Renzi ha dovuto e deve affrontare problematiche non indifferenti, quali la corruzione dilagante e devastante (senza però mai metter mano ad una legge vera contro la corruzione) il macroscopico debito pubblico, la crisi del sistema bancario rivelatosi poco affidabile quando sino a qualche giorno era ritenuto il più solido in tutta l’eurozona ed infine il Brexit, che per certi versi, per lui è stata una ghiotta opportunità.
A tutto ciò, per correttezza, ci aggiungerei anche la scarsa qualità della compagine governativa, un male addebitabile alla sua scarsa capacità di sapersi contornare da persone “professionali”. Ha avuto paura, probabilmente, di confrontarsi in sede interministeriale con intelligenze valide, preferendo delle brave persone, ma non idonee a ricoprire incarichi ministeriali.
Questo mix di fattori certamente non ha reso facile la conduzione governativa del paese. Ma come si suol dire in queste occasioni: chi è causa del suo male pianga se stesso.
Le politiche economiche attuate per far ripartire l’economia si sono rivelate inefficaci. L’ Italia continua ad arrancare nel palcoscenico dell’economia europea, non avendo saputo sfruttare quei fattori positivi che comunque i mercati avevano messo a disposizione, tra i quali il sostegno di oltre 1000 miliardi di euro al sistema bancario, da parte della BCE e del quantitative easing, una manovra, voluta e sostenuta da Draghi, che se ritenuta utile ai fini dell’immediato, si sta già rivelando, a distanza di poco più di un anno, un boomerang proprio per le economie più fragili.
La politica interna, vedi scuola, sanità, sicurezza, pur se interessata da provvedimenti spot, sono stati tutti ritenuti dei rimedi approssimativi, dei tappa buchi, che il più delle volte sono stati capaci di irritare i soggetti a cui avrebbero dovuto risolvere qualche problema, vedi la scuola, gli incapienti e i pensionati, quest’ultimi oramai giornalmente sotto il tiro di modifiche nel settore. Annunci di nuovi sistemi di calcolo e di ricalcolo, prelievi di solidarietà, revisione delle pensioni di reversibilità, aspetti questi che generano ansia ed insicurezza. Di una sola cosa non parla mai il nostro Premier, di metter mani ai privilegi, ai vitalizi alle faraoniche retribuzioni dei “fortunati” dell’apparato statale.
Renzi forse è stato l’unico politico nella storia repubblicana che è riuscito a litigare o quanto meno ad irritare un po’ tutti. Non tanto perché ha cercato di porre in essere il suo programma di rottamazione e di voler rivoltare l’Italia come un calzino, ma perché è andato esattamente nella direzione opposta. L’elettorato del PD è in crisi, i sondaggi segnano settimana dopo settimana una decrescita. Proprio in questi giorni, gli ultimi sondaggi rilevano il sorpasso ad opera del Movimento 5 Stelle.
E Renzi come cerca di affrontare questa crisi che sta devastando il suo partito, di cui peraltro ne è anche il segretario? Pestando il piede sull’acceleratore dell’arroganza e battendo i pugni sul tavolo. Non indietreggia di un solo passo, anzi lancia sfide a chiunque non fosse d’accordo con lui. Addirittura laddove nel prossimo referendum i “SI” dovessero soccombere, si chiuderebbe la legislatura. Adesso si sente anche Presidente della Repubblica, pretendendo di sciogliere le camere. Se pur vero è che Mattarella, probabilmente, lo asseconderebbe, se non per altro per gratitudine, penso che quanto meno sarebbe doveroso, nel rispetto dei quello che è rimasto della nostra Costituzione, porre in essere delle consultazioni per verificare che in parlamento non esista una maggioranza alternativa. Mi pare che questo preveda la costituzione.
Non possiamo nemmeno trascurare, per onestà intellettuale, che la classe politica e dirigente del nostro paese rappresenta la palla al piede di qualsiasi governante, che però, nella fattispecie di Renzi, non ha saputo sfruttare al meglio l’ondata di favore iniziale, in quanto poi assorto ad ascoltare e perorare interessi dei poteri forti o che poco avevano a che fare con una necessaria rottamazione di tante figure inadeguate. La delusione nei suoi confronti da parte della maggior parte del paese è netta e a quanto pare auspica e gioirebbe ad una sua uscita di scena. Molti di noi l’hanno sostenuto nelle primarie del partito democratico e sognato una politica diversa. Lui, invece, nel breve periodo di tempo di un anno è stato capace di trasformare questo sostegno iniziale in irritante delusione. Oggi non sono pochi a gufare (come a lui piace definire lo sport preferito dall’opposizione) che perdendo il referendum vada finalmente fuori dalla politica e a quel punto probabilmente, non in pochi, ci faremmo due risate liberatorie.